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Questo articolo è stato pubblicato il 05 gennaio 2015 alle ore 09:10.
L'ultima modifica è del 05 gennaio 2015 alle ore 22:37.

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Seduta da dimenticare per le Borse europee (qui il saldo di giornata degli indici). Pesa in particolare l’ondata di ribassi sul comparto petrolifero (qui il grafico dell’indice Stoxx 600 Energia). Le azioni delle società del settore hanno sofferto la debolezza del greggio che si è svalutato scendendo sotto i 55 dollari al barile sul Brent e sotto i 50 dollari sul Wti (qui le quotazioni del petrolio) a seguito della decisione dell’Iraq, secondo produttore tra i Paesi dell’Opec, di incrementare le esportazioni.

Piazza Affari, che ha chiuso con un ribasso del 4,92%, è stata la peggiore tra le maggiori Borse europee, ma hanno accusato pesanti flessioni anche Parigi (-3,3&) e Francoforte (-3%), mentre Londra (-2%) ha limitato i danni. Una performance legata al tracollo registrato dalle azioni di Eni ed Enel. Messe insieme, le due società capitalizzano oltre 86 miliardi di euro. Vale a dire il 20% dell’intero paniere Ftse Mib. Le azioni del colosso petrolifero di Stato soffrono anche la bocciatura degli analisti di Citigroup che hanno tagliato la loro raccomandazione sul titolo da «neutral» a «sell». Giù anche gli altri due titoli sensibili al prezzo del greggio: Saipem e Tenaris.

Copione simile anche a Wall Street, dove sia il Dow Jones che lo Standard & Poors’ 500 sono stati per l’intera giornata in ribasso di quasi due punti percentuali, trascinati giù dai titoli energetici (la brasiliana Petrobras è arrivata a perdere oltre il 10%). In chiusura entrambi hanno lasciato sul terreno l’1,8 per cento.

Notizie di rilievo sono arrivate poi dal mercato valutario. Questa notte, all’apertura dei mercati asiatici, l’euro ha toccato un minimo a 1,1864 dollari, livello che non vedeva dal 2006 (qui il grafico di giornata dell’euro-dollaro). Una flessione in atto da tempo quella della moneta unica che ha archiviato il 2014 con un ribasso del 12% nel cambio con il dollaro (peggior annata dal 2005).

La debolezza della moneta unica ha la sua ragione fondante nella divergenza di orientamento delle banche centrali tra le due sponde dell’Atlantico. Se infatti negli Usa la Fed è orientata a «normalizzare» la propria politica monetaria dopo anni di mosse ultraespansive, in Europa la Bce si appresta ad iniziare un simile percorso. Anche per contrastare il rischio «deflazione» (prezzi in calo) in cui rischia di avvitarsi l’economia.

Ma c’è anche un motivo più contingente che spiega la debolezza dell’euro e riguarda la crisi della Grecia in vista della nuova e delicata tornata elettorale in programma per fine mese. Il rischio sollevato da molti è che una vittoria dell’estrema sinistra guidata da Alexis Tsipras (in vantaggio nei sondaggi) possa esacerbare le tensioni con i partner europei portanto ad un’uscita del Paese dall’area della moneta unica. Quella tanto temuta «Grexit», che in passato era stata indicata come un evento da evitare a tutti i costi, oggi non sarebbe un’opzione da escludere per la cancelliera Merkel secondo quanto ha scritto nei giorni scorsi il settimanale Der Spiegel. Notizia ufficialmente smentita da Berlino. Ma la consapevolezza del fatto che sia stata in qualche modo una «smentita obbligata» ne diminuisce la portata e l’impatto.

I timori di un’uscita dall’euro hanno penalizzato la Borsa di Atene. Sul fronte obbligazionario la giornata è segnata dall’avversione al rischio (qui i tassi dei principali titoli europei a 10 anni). Un clima che favorisce i bond governativi dei Paesi «core» come Germania e Francia e sfavorisce per contro quelli dei periferici come Italia e Spagna. Questo spiega perché il differenziale di rendimento tra Bund tedeschi e BTp, il principale termometro del “rischio Paese”, sia in rialzo (qui il grafico di giornata dello spread).

Occorre peraltro ricordare che i titoli di Italia e Spagna sono reduci da una seduta di venerdì molto positiva favorita dalle ultime dichiarazioni del presidente della Bce Mario Draghi che, in una recente intervista, ha alimentato le aspettative sul lancio di un piano di acquisti di titoli di Stato, forse già al direttivo di questo mese.

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