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Questo articolo è stato pubblicato il 09 gennaio 2015 alle ore 08:33.
L'ultima modifica è del 09 gennaio 2015 alle ore 16:19.

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Mentre si aspettano con ansia le mosse espansionistiche di Mario Draghi, in Italia è arrivata una nuova doccia fredda per gli istituti bancari sottoposti alla vigilanza europea che potrebbe, nell'immediato, avere effetti opposti. Il Sole 24 Ore ha saputo che da Francoforte è giunta a tutti una lettera in inglese. L'oggetto è Draft Capital Decision. Il messaggio che «sulla base della situazione finanziaria e dei profili di rischio, e prendendo in considerazione i risultati della Supervisory Review e del processo valutativo», la Bce ha deciso di attribuire a ogni singola banca un suo coefficiente patrimoniale minimo da rispettare.

E per quasi tutte questo minimo è di gran lunga più alto di quello previsto dagli accordi “Basilea 3”, i quali stabiliscono un floor, o soglia minima, del 7%, indistintamente per tutte le banche. Queste comunicazioni sono arrivate con una rigida consegna del silenzio. E contattata da Il Sole 24 Ore per conferma, la Bce risposto con un «no comment». Ma il nostro giornale non solo ha ottenuto la copia di una di queste lettere, tutte firmate da Danièle Nouy, presidente del Supervisory Council della Bce, ma ha saputo che, in media, per le 15 banche italiane vigilate dalla Bce, la soglia è salita di oltre tre punti di percentuale. Quell'aumento, di circa il 50%, ha portato il nuovo floor medio al 10,5 per cento.

Con punte drammatiche come quella del Monte dei Paschi di Siena, il cui nuovo floor è del 14 per cento. Per quello che riguarda le popolari, invece, la relativamente virtuosa Ubi ha visto la propria soglia minima passare al 9,6%, per la Popolare di Vicenza l'asticella
è stata alzata oltre l'11,6. A queste banche il motivo dell'irrigidimento è spiegato senza
mezze parole: «le strategie e i meccanismi adottati dall'istituto e i suoi fondi non garantiscono una copertura completa dei rischi».

Come specifica l'oggetto della lettera, per ora si tratta solo di un draft, cioè di una bozza. Le banche hanno tempo fino a venerdì prossimo, 16 gennaio, per presentare le proprie controdeduzioni e cercare di convincere Francoforte a ridurre il proprio floor, ma se non vi riusciranno, da febbraio o marzo dovranno applicare nuovi requisiti di capitalizzazione significativamente più severi.

Il Sole 24 Ore ha chiesto un commento a Banca d'Italia che però ci ha detto di «non avere osservazioni ». L'obiettivo di Francoforte è comunque chiaro: sulla base delle specifiche condizioni emerse con gli stress test e l'Asset quality review autunnali vuole introdurre requisiti di patrimonializzazione che riducano il rischio di nuovi dissesti bancari dovuti a un eccesso di leva e/o insufficienza di capitale. Più che legittimo. Ma secondo addetti ai lavori consultati da Il Sole 24 Ore il risultato pratico immediato dell'aumento dei coefficienti sarà quello di incentivare le banche a comprare titoli di Stato anziché erogare credito. In risposta a un improvviso aumento dei coefficienti patrimoniali minimi, le banche si troveranno infatti di fronte a due opzione: aumentare il proprio capitale per poter mantenere gli stessi margini di oppure assumere posizioni difensive e diminuire il proprio rischio. Poiché gli aumenti di capitale in questo momento sono fuori della portata di tutti – e a maggior ragione di chi è in difficoltà – alle banche non resterà che la seconda strada.

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