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Questo articolo è stato pubblicato il 05 aprile 2015 alle ore 13:13.
L'ultima modifica è del 05 aprile 2015 alle ore 15:57.

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In questo scenario il dollaro è diventato l'ago della bilancia ma anche il segnale d'allarme, tanto per i Paesi emergenti, quanto per l'Eurozona. Perché di fronte all'incertezza le banche centrali stanno riempiendo i propri fortini di dollari. Basti pensare che le riserve in dollari sono cresciute al 62,9% a fine 2014, i livelli più alti dal 2009, secondo i dati diffusi dal Fmi. Nel frattempo le riserve in euro sono calate dal 28% del 2009 al 22,2% di fine 2014, il livello più basso degli ultimi 13 anni. Dati che non includono le riserve della People’s Bank of China, la banca centrale che detiene il valore più alto di riserve al mondo ma che non pubblica i dati disaggregati. Un ulteriore elemento di distorsione nella partita a scacchi fra le valute. Se l'euro dovesse scendere sotto la parità (come peraltro pronosticato da molti analisti), a quel punto potrebbe intervenire la Cina per impedire al suo yuan renminbi (praticamente agganciato al dollaro) di rafforzarsi ulteriormente. E questo porterebbe – secondo David Woo, alla guida della divisione tassi e valute di Bofa Merrill Lynch - a «una nuova guerra delle valute».

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