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Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2012 alle ore 06:42.

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Meno di un anno fa il Gruppo ha chiuso lo stabilimento Omsa di Faenza con 200 operaie (impianto poi rilevato da un'azienda che produce divani) per rafforzare la produzione in Serbia e la presenza sul mercato russo, che applica dazi all'importazione oltre il 20 per cento. Una scelta che Nerino Grassi, fondatore e presidente di Goldenlady (di cui Omsa è uno dei marchi), nell'intervista rilasciata, lo scorso 29 gennaio alla Gazzetta di Mantova, ha spiegato così: «L'iniziativa industriale in Serbia – ha affermato Grassi – era stata avviata per internalizzare produzioni manuali che in precedenza venivano commissionate a fornitori esterni. Poi, grazie ad un accordo di libero scambio che prevede l'esenzione dei dazi delle produzioni serbe vendute in Russia, la Serbia è divenuta un'importante opportunità per difendere le nostre posizioni in quello che era ormai di fatto diventato uno dei nostri principali mercati». Mentre l'energia, aveva detto, «costa il 60% in meno».

«La globalizzazione – spiega Claudio Pacchioni, amministratore delegato del Gruppo Levante (250 dipendenti e un fatturato di 65 milioni) ha portato nuovi concorrenti ma non altrettanti consumatori. Vendiamo per il 50% in Italia e per l'altra metà, soprattutto, in Russia, Ucraina, Europa del Nord, Usa, Australia e Usa. Si vende molto bene in Israele ma, ad esempio, in India non vi è affatto la cultura della calza. Per questo, abbiamo diversificato anche con i costumi da bagno».
«Collaboriamo con un'altra azienda per produrre calze a microcristalli – spiega Pacchioni – perchè le marginalità sono talmente ridotte che è a rischio anche l'innovazione. Servirebbe un co-marketing tra produttori di fibra e di manufatti per pubblicizzare prodotti nuovi. Perché se si innova e il mercato non percepisce la novità, pochi comprano e non si rientra dell'investimento».

Pubblicità? Vent'anni fa Goldenlady prese Kim Basinger. «Oggi – spiega Michele Mura, presidente della Mura Collant (100 dipendenti e 18 milioni di fatturato) – noi abbiamo tagliato la pubblicità dell'80%». Mura è anche il presidente della Banca di credito cooperativo di Castel Goffredo. «Come banca di prossimità – sottolinea – conosciamo le aziende ben oltre i loro bilanci. Le normative bancarie rendono sempre più stringenti i criteri che fanno scattare la messa in sofferenza delle imprese. Spesso ci sentiamo tra due fuochi. Vent'anni fa gli impieghi della banca nel settore delle calze erano il 30 per cento. Oggi abbiamo l'obbligo di diversificare e non superiamo il 17 per cento».
IL RATING DEL SOLE Il punteggio
Attraverso una griglia di 12 variabili ciascun distretto è definito nei suoi punti di forza e di debolezza. Nel caso del distretto della calzetteria spiccano internazionalizzazione e buona capacità commerciale, occupazione e attrattività. ALTA

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