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Questo articolo è stato pubblicato il 13 aprile 2013 alle ore 13:05.

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Nella foto il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi al convegno "Un'Italia industriale in un'Europa più forte" all' Oval Lingotto di Torino. (Ansa)Nella foto il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi al convegno "Un'Italia industriale in un'Europa più forte" all' Oval Lingotto di Torino. (Ansa)

dal nostro inviato Luca Orlando

TORINO - Il leader di Confindustria Giorgio Squinzi lancia alla politica l'appello finale per trovare infine il modo di dare un governo al paese, «non un governo qualunque però, tanto per assolversi la coscienza, ma di alto profilo, che sappia interpretare il momento drammatico del paese». Gli imprenditori sono a Torino per dare «una scossa, con un messaggio pacato e responsabile» e per opporsi al rischio di perdere la capacità di produrre, il benessere, aziende anche sane, lasciando i giovani senza prospettive vedendoli fuggire dal nostro Paese.

«Chi non dimostra buonsenso – avvisa Squinzi – perderà per sempre il nostro consenso», perché il tempo delle parole è finito e l'alternativa, come segnalato da una lettera di un piccolo imprenditore di Biella alle prese con gravi ritardi nei pagamenti della Pa, non può essere quella tra chiudere o indebitarsi: «Stiamo giocando con il destino del Paese».

Il patto tra produttori che Confindustria offre ai sindacati vuole essere un contributo per uscire dall'impasse, un principio «che dovrebbe essere scontato ma è irrituale per l'Italia, impegnandoci su quello che dobbiamo fare noi, adesso, per il nostro Paese».

Cruciale per Squinzi, in un momento in cui nessun indicatore ci conforta, è intervenire subito per salvare il manifatturiero, un'area che offre lavoro a otto milioni di persone e che rappresenta l'80% del nostro export. «L'intero Pil quindi imploderebbe se venisse a mancare il manifatturiero e oggi stiamo giocando sul destino del Paese».

Aiutare le imprese è dunque cruciale per l'intero Paese e a questo proposito Squinzi apprezza il decreto per sblocare i debiti della Pa, «40 miliardi sono pochi ma è un inizio», però si deve lavorare soprattutto sulla tempistica e la burocrazia del provvedimento per evitare di vanificarne gli effetti.

Confindustria chiede da subito altre azioni, tra cui un intervento anti congiunturale utilizzando le risorse Ue non spese, un intervento per ripatrimonializzare i Confidi, una nuova legge Sabatini per agevolare l'investimento in beni strumentali, interventi rapidi per attivare i cantieri, un credito d'imposta per l'innovazione.

La rabbia è tanta e comprensibile – spiega Squinzi – ma non dobbiamo farci sopraffare dallo sconforto perché solo difendendo il manifatturiero italiano si potrà avere una crescita sostenibile del Pil. «Per questa ragione – scandisce – abbiamo una sola priorità, la crescita fondata sull'industria».

Perché chi ha ambizioni di Governo deve capire che in questo "gioco perverso" si annienta in poco tempo un patrimonio costruito da generazioni.
«Il luogo di sintesi del nostro comune sentire – conclude Squinzi – è una Politica che abbia come obiettivo il bene comune e non la mera soddisfazione di ambizioni personali: non deludeteci, se chiudono le imprese muore il Paese».

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