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Questo articolo è stato pubblicato il 04 dicembre 2013 alle ore 11:17.
L'ultima modifica è del 04 dicembre 2013 alle ore 17:56.

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Tutti al fianco della battaglia di Natale
La mobilitazione di Coldiretti - 10mila allevatori giunti fin dall'alba al valico del Brennero per bloccare le importazioni di produzioni falsamente etichettate come nazionali - ha incassato solidarietà trasversali: dalla Lega, con Massimo Bitonci che chiede «barriere doganali e una seria politica che favorisca i nostri prodotti a km zero e il ritorno al consumo dei prodotti di stagione», al senatore di Sel Dario Stefano, dalla vicepresidente della commissione Agricoltura Pd Leana Pignedoli a Ermete Realacci, presidente commissione Ambiente della Camera.
Tutti al fianco della "battaglia di Natale" contro i tarocchi e per chiedere un sistema di etichettature chiaro ed efficace per succhi di frutta, salumi, formaggi e mozzarelle, ma non solo. In prima fila il ministro per le Politiche agricole Nunzia De Girolamo, giunta in mattinata al presidio: «Sono qui perché credo profondamente nel Made in Italy che è la vera forza del nostro Paese, la leva di sviluppo sui cui dobbiamo puntare per uscire dalla crisi. Abbiamo il dovere di difendere la produzione italiana, la qualità che esprime, il lavoro di chi contribuisce ogni giorno a realizzare le nostre eccellenze che conquistano i mercati stranieri, ma abbiamo il dovere di garantire anche i consumatori che devono essere messi nella condizione di sapere in modo chiaro e immediato ciò che comprano. Tutti devono sapere quello che mangiano, tutti devono sapere quello che comprano. Si tratti di origine o di sicurezza».

Coldiretti chiede etichette più «trasparenti»
E proprio un chiaro sistema di etichettatura e di informazione è quello che chiede Coldiretti. Secondo il dossier predisposto dall'associazione, contiene materie prime straniere circa un terzo (33 per cento) della produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati con il marchio Made in Italy, all'insaputa dei consumatori e a danno delle aziende agricole. Nel piatto finiscono il concentrato di pomodoro cinese, l'olio di oliva tunisino, il riso vietnamita e il miele cinese. «Solo nell'ultimo anno - cita tra i vari esempi l'organizzazione agricola - sono scomparsi in Italia 615mila maiali per lasciare spazio alle importazioni di carne di bassa qualità dall'estero. Le ricadute sono pesanti in termini di sopravvivenza stessa delle aziende: dall'inizio della crisi hanno chiuso in 140mila anche a causa della concorrenza sleale.

Fra le regioni in prima fila il Veneto e l'Emilia Romagna, dove nella piazza di Reggio Emilia si è svolta una manifestazione parallela a quella del Brennero. Il Made in Italy nel settore agroalimentare rappresenta il 17% del Pil, vale 266 milioni di fatturato e rappresenta uno dei punti di forza dell'export. «Una semplice informazione in etichetta varrebbe quanto una manovra economica» ha detto il governatore veneto Luca Zaia; la Regione si è fatta promotrice di una iniziativa unitaria dei Consigli regionali d'Italia che nell'assemblea dei presidenti del prossimo 13 dicembre approverà a Roma una carta di impegni rivolta ai ministri delle Politiche Agricole e della Salute e alla Presidenza del Consiglio. Le assemblee regionali italiane chiedono di accelerare l'introduzione dell'obbligo di etichettatura e di indicazione del Paese d'origine, di potenziare i controlli e di avviare campagne di informazione e sensibilizzazione tra i consumatori.

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