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Formazione artistica: i corsi più ambiti verso il numero chiuso

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Questo articolo è stato pubblicato il 08 giugno 2010 alle ore 08:52.

La riforma dell'alta formazione artistico musicale ha cambiato i connotati di accademie, conservatori e Isia (istituti superiori per l'industria artistica) italiani: oggi questi istituti sono equiparati alle università tradizionali e rilasciano diplomi di primo e secondo livello riconosciuti dal Miur.

La mappa delle accademie di belle arti, in particolare, mostra un radicamento capillare in Italia: nel complesso gli istituti sono più di una quarantina, di cui 19 quelli statali. A un'offerta così strutturata corrisponde anche una elevata domanda: ogni anno diverse migliaia i giovani chiedono di entrare, specialmente nelle realtà più prestigiose, per garantirsi una formazione di qualità. L'affluenza eterogenea costringe i singoli istituti a predisporre in autonomia i processi di selezione: per alcuni corsi ad esempio è richiesto il superamento di una prova orale (spesso di tipo motivazionale, altre volte di tipo teorico) oppure il superamento di una prova pratica; in altri casi, soprattutto nelle specializzazioni più richieste, sono previste entrambe. Il requisito minimo, ovviamente, rimane il possesso del titolo di maturità.

Se è vero che fino a oggi il numero chiuso non è stato previsto, nei prossimi mesi la novità potrebbe essere introdotta per i corsi più ambiti, «primo fra tutti quello di restauro», spiegano del Miur. Proprio questo indirizzo dovrebbe registrare un modifica "architettonica", passando dall'attuale struttura 3+2 al quinquennio pieno. Altra laurea a percorso quinquennale dovrebbe diventare quella dedicata all'insegnamento della storia dell'arte e del disegno.

Anche in virtù dell'autonomia universitaria, la gamma dell'offerta formativa delle accademie italiane negli ultimi anni si è ampliata e diversificata. Nel complesso si possono identificare quattro macro aree di riferimento (arti visive, arti applicate, comunicazione, didattica) ognuna delle quali include diversi indirizzi di studio. Chi sceglie le arti visive potrà specializzarsi in grafica, pittura, scultura o decorazione. Chi sceglie le arti applicate approfondirà il restauro o la scenografia, oppure ancora il design o le teorie e tecniche della comunicazione visiva. Ma le curiosità non mancano: alcune accademie (Brera o Palermo) offrono ad esempio corsi riguardanti anche l'arte sacra contemporanea. A Ravenna, invece, è possibile diventare esperti nell'arte del mosaico.

A Torino come a Brescia (ma anche in un'altra decina di istituti) ci si specializza nelle nuove tecnologie dell'arte: un via per affermarsi nelle nuove professionalità, come il digital artist oppure il media designer, il game designer (richiesto dall'industria dei videogiochi) o il sound designer. «Fino a qualche anno fa gli sbocchi occupazionali per coloro che intraprendevano gli studi in Belle arti erano limitati alle storiche materie di studio, come la scultura o la pittura – spiega Gerardo Lo Russo, direttore dell'Accedemia di Roma –. Oggi invece l'Accademia è diventata il luogo di formazione per di chi si occupa di comunicazione visiva a 360 gradi.

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Chi esce dai nostri istituti ha le competenze per lavorare non solo nelle funzioni o nei luoghi tradizionali, come musei o gallerie d'arte, ma anche nei nuovi ambiti in cui è necessario maneggiare una competenza artistica di tipo visuale di alto livello». Con un mercato dell'insegnamento ormai saturo e le prospettive di una carriera artistica ridotta al lumicino, i laureati in Belle arti cercano sbocchi professionali in altri ambiti. «Oggi - spiega Lo Russo - non mancano le occasioni per entrare nelle agenzie fotografiche, e più in generale nel mondo dell'editoria, così come nella moda e dello spettacolo: pensiamo alla scenografia per cinema e teatro, o a segmenti come l'illuminotecnica».