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Questo articolo è stato pubblicato il 21 giugno 2011 alle ore 18:19.

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Diminuire il prelievo fiscale sul lavoro e sulle imprese attraverso un aumento dell'Iva e l'introduzione di un'imposta annuale minima sulla ricchezza delle persone fisiche. È questo l'aspetto centrale di una ipotesi di riforma fiscale, da realizzare con uno spostamento dei carichi a parità di gettito totale, avanzata dal presidente di Assonime, Luigi Abete, all'assemblea biennale dell'associazione delle società italiane per azioni.

50 miliardi di maggiori entrate
In base all'ipotesi di riforma presentata, grazie all'aumento delle aliquote Iva si realizzerebbero maggiori entrate per circa 40 miliardi di euro a cui si vanno ad aggiungere altri 10 miliardi di euro ottenuti attraverso una imposizione annuale sulle attività patrimoniali delle persone fisiche e una tassazione uniforme dei redditi finanziari (rispettivamente 9 e 1 miliardo di euro).

Riduzione dell'Ires e sostegno ai meno abbienti
I 50 miliardi di maggiori entrate, nell'ipotesi formulata da Abete, andrebbero a finanziare un set di misure che prevedono tra l'altro una riduzione dell'aliquota Ires per 12 miliardi di euro e la cedolare secca sugli affitti al 20% per 2 miliardi di euro. Circa 8 miliardi verrebbero poi destinati al sostegno dei meno abbienti con erogazioni dirette mentre 13 miliardi sarebbero destinati alla riduzione dal 23 al 20% dell'aliquota dell'imposta sul reddito delle persone fisiche. Infine i restanti 15 miliardi sarebbero destinati alla necessaria riforma dei meccanismi di sostegno alla disoccupazione da affiancare al sistema attuale centrato sulla cassa integrazione.

Questa idea di riforma, secondo Abete, deve contribuire ad avviare una discussione aperta davanti all'opinione pubblica «sulla base di chiare evidenze empiriche sull'impatto di diversi interventi. La soluzione - ha concluso Abete - non può essere cucinata in stanze chiuse e servita in tavola come un piatto senza alternative».

Si alla patrimoniale
La riduzione delle tasse proposta da Assonime passa anche attraverso «l'imposta sulla ricchezza delle persone fisiche». Come ha spiegato il presidente «questa imposta rappresenta nel nostro schema, una componente essenziale di trasparenza ed equità, in un sistema nel quale i percettori di redditi superiori ai 100mila euro annui sono circa 390mila, meno dell'1% dei contribuenti, mentre la ricchezza netta delle famiglie ammonta a 8.600 miliardi di euro, oltre otto volte il reddito disponibile».

Perché serve un'imposta sui patrimoni
«Per sottolineare la motivazione sostanziale di un'imposta annuale minima sulla ricchezza - ha chairito Abete - e superare gli aspetti psicologici che alcuni commentatori continuano a enfatizzare, abbiamo proposto di denominare tale imposta con l'acronimo Ctc che sta per Contributo per la trasparenza e la crescita: i due obiettivi essenziali della riforma del fisco nell'attuale fase storica del nostro paese». Nella sua proposta Abete non include l'evasione tra le fonti di nuove entrate «non solo perchè la serietà impone di prendere in considerazione solo entrate certe e affidabili, ma anche perchè i benefici della lotta all'evasione dovrebbero essere automaticamente destinati a ridurre i carichi di coloro che le imposte le pagano».

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