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Questo articolo è stato pubblicato il 21 giugno 2011 alle ore 08:06.

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Luigi Abete li chiama «interessi generali». Sono quelli che riguardano tutte le imprese italiane, e non solo. Fisco, spesa pubblica, crescita economica.

È su queste priorità che oggi concentrerà la sua relazione all'assemblea di Assonime: «Farò due proposte in particolare: tagli selettivi alla spesa pubblica e riforma fiscale. Perché vogliamo dimostrare che intervenire per rilanciare l'economia si può».

Non mancheranno sollecitazioni sui temi più tipici di Assonime: razionalizzazione del sistema dei controlli, miglioramento delle procedure concorsuali, più corretta applicazione delle normative europee, liberalizzazione dei servizi pubblici locali.

Ma Abete non è solo presidente di Assonime e, tolto quel cappello, non si sottrae sui temi delle relazioni industriali e della vicenda contrattuale che sta impegnando la Fiat: «Serve - dice - un accordo interconfederale con tutti i sindacati maggiori. La Marcegaglia va sostenuta in questa direzione, non serve a Fiat uscire da Confindustria».

Partiamo dalla spesa. Come si fa a tagliare senza compromettere la crescita?
Il problema è proprio questo. Nel Def, il documento programmatico presentato dal Governo, si parla di tagli entro il 2014 per 40 miliardi. Vanno fatti e, per garantirci la stabilità sui mercati, vanno indicati subito. Ma non devono colpire una crescita che già si annuncia modesta.

Nel piano del governo si penalizza anche la spesa in conto capitale, quella per investimenti.
Appunto, questo proprio non va. Perché se si penalizzano gli investimenti si penalizza la crescita. E l'esito è doppiamente negativo: l'economia non cresce e i tagli di spesa finiscono per pesare di più. Bisogna invertire l'approccio.

In che senso?
Servono interventi certi e forti su alcune categoria di spesa e vanno aumentati gli investimenti. In questo modo si può immaginare che la crescita si spinga verso il 2%, rendendo meno onerosi anche i tagli sulla spesa corrente. Se cresciamo al 2%, una riduzione della spesa per consumi intermedi del 17% - per esempio - si traduce in termini reali in un 12%. Perciò i tagli devono essere selettivi.

Selettivi, d'accordo, ma per recuperare 40 miliardi non si può essere troppo delicati.
Noi suggeriamo quattro interventi principali. I costi standard nella sanità, innanzi tutto, che devono portare a un'efficienza vera e a risparmi veri. Va fatta poi una riflessione ulteriore sulla previdenza.

Il ministro Tremonti sostiene che la riforma è già stata fatta.
Va rafforzata. Bisogna indicare target precisi sull'età pensionabile. Non basta fissare un criterio. Va detto in che anno l'età del ritiro sarà 68, in che anno 69 e in che anno si arriverà a 70. Sono obiettivi da fissare subito. Così come bisogna ricorrere a un blocco serio del turn-over e a ulteriori riduzioni della spesa per beni e servizi della pubblica amministrazione.

L'altra priorità è la riforma fiscale. È possibile ridurre le tasse come da più parti si chiede?
Tremonti ha ragione quando dice che la riforma non può essere fatta in deficit. Ma neppure ci si deve limitare a una rimodulazione delle agevolazioni, come pure sento dire. Sul fisco serve una riforma vera.
Come Assonime avete proposte anche una sorta di patrimoniale.
Non la chiamerei così. Chi mi ascolterà domani (oggi, ndr) capirà che è qualcosa di molto diverso.

Precisiamo allora le linee guida della «sua» proposta.
Vogliamo un fisco più equo e orientato alla crescita. Innanzi tutto, allora, vanno spostati 3 punti di Pil dalle imposte dirette a quelle indirette. Oggi c'è troppa pressione diretta su lavoratori e imprese. Per ridurla bisogna agire su altre imposte. E quindi sull'Iva e sul patrimonio.

Un aumento delle aliquote Iva non rischia di penalizzare i consumi in un momento già difficile?
No, se i suoi proventi vengono destinati a ridurre l'Irpef sui redditi più bassi e dare sostegni agli incapienti. Il problema dei consumi, infatti, è tutto in questa fascia di reddito. I ceti abbienti continuano a spendere. È alle famiglie più in difficoltà che dobbiamo dare risorse nuove per poter consumare.

E le imprese?
Alle imprese destiniamo le risorse provenienti da quello che io chiamo Ctc, Contributo ordinario per la trasparenza e la crescita. È un'imposta ordinaria minima, nell'ordine dell'1 per mille sui beni patrimoniali.

Ecco la patrimoniale.
È una cosa ben diversa. Nessuna tassa straordinaria a carico dei ricchi, ma un prelievo che va a intervenire in termini minimi sulla manifestazione della ricchezza, facendo emergere le variazioni patrimoniali e superando l'evasione fiscale.

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