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Economia Politica economica

Compensi zero anche per i cda delle società

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Questo articolo è stato pubblicato il 04 giugno 2010 alle ore 08:01.

L'austerità imposta dalla manovra è un'onda di piena, che supera anche gli argini della pubblica amministrazione.
A spingerla ai vertici di enti e società anche private è soprattutto la norma sul «compenso zero» negli organi collegiali, che rende «onorifiche» (cioè senza stipendio, con la possibilità residuale di un gettone da 30 euro) le cariche nei consigli di amministrazione, collegi sindacali, organi di revisione negli «enti» che a vario titolo ricevono contributi «a carico delle finanze pubbliche» (si veda «Il Sole 24 Ore» di ieri).


Fra gli enti nel mirino – come confermato ieri dal ministero dell'Economia – ci sono anche le società, private o pubbliche che siano: il discrimine non è il modello adottato (societario, associativo o altro), ma il fatto di pesare in modo più o meno marcato sui conti pubblici.
I nomi degli interessati dalla stretta, entrata in vigore il 31 maggio, potrebbero essere migliaia: dalle ferrovie alla Rai (titolare della convenzione per il servizio pubblico), fino alle società aiutate dalle finanziarie regionali, sono molti gli organi collegiali a rischio-stipendi. Difficile, per ora, stabilire con precisione chi è colpito e chi si salva; si è però facili profeti se si prevede che l'ampiezza del raggio d'azione della nuova regola alimenterà il dibattito parlamentare, le polemiche dei diretti interessati e un'intensa attività interpretativa. Senza dubbio al sicuro sono solo ministeri, agenzie, previdenza e assistenza nazionale, sanità, università e camere di commercio.

Nella rete dell'azzera-stipendi sembrano destinate a finire anche molte società pubbliche: quelle che grazie ai loro dividendi sono impegnate a dare più che a ricevere contributi ai conti pubblici possono considerarsi in salvo, ma per molte delle altre è il momento della stretta. La manovra, per esempio, fissa il divieto generale per le pubbliche amministrazioni di ripianare i conti delle partecipate ma apre ad alcune deroghe, per esempio quando il capitale sociale scende sotto i livelli di guardia (fissati dall'articolo 2447 del Codice civile). Gli amministratori che navigano in cattive acque potranno chiedere aiuto ai soci pubblici, ma potrebbero poi doversi rassegnare a sedere gratis in consiglio. Un assegno più o meno corposo da parte di un ente pubblico cancella i compensi nelle fondazioni e nelle associazioni, fra cui ci sono molte delle realtà culturali tagliate dall'elenco poi espunto dal decreto in accordo con il Quirinale. Molte di queste realtà, insomma, hanno scampato per un pelo lo stop ai fondi pubblici, ma se vorranno continuare a riceverli dovranno rinunciare ai compensi per gli organi di vertice.

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Gli sguardi preoccupati sulle norme taglia-compensi dominano anche i piani alti dei ministeri. In questo caso l'ansia nasce due commi dopo rispetto all'azzera-stipendi, dove si legge che gli incarichi dei dipendenti pubblici negli enti vigilati, partecipati o finanziati dallo stato si intendono svolti «nell'interesse dell'amministrazione di appartenenza», a cui vengono girati i compensi prima destinati all'incaricato. Questi soldi finiranno nei fondi per gli stipendi accessori, colpiti però dal congelamento delle buste paga previsto dal 2011.
La tagliola scatta anche sugli incarichi in corso, e colpisce i dirigenti ministeriali che siedono nei cda e nei collegi sindacali e di revisione degli enti non economici (dall'Istat all'Aci dall'Inps alle altre sigle della galassia pubblica) e di università, scuole, casse e ordini professionali. Negli uffici degli interessati si sente già parlare di dimissioni e di fuga, soprattutto per il fatto che la forbice azzera i compensi ma non le responsabilità, anche patrimoniali, di chi firma o verifica bilanci anche da centinaia di milioni di euro.
gianni.trovati@ilsole24ore.com

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