La scelta del Master

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Quando conviene iscriversi a un master

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 settembre 2010 alle ore 08:53.

Perché iscriversi a un master, quando e perché conviene: sono questi gli interrogativi di fondo nella scelta di un corso post-laurea. Ma come dare risposte affidabili? La soluzione più efficace sarebbe una valutazione di qualità estesa a tutti i master e basata su criteri trasparenti, in modo tale da offrire agli studenti un valido strumento di scelta e orientamento.

Purtroppo, però, uno strumento del genere in Italia non esiste ancora e rappresenza, senza dubbio, una delle sfide più importanti cui sono chiamate le università nel campo della formazione post-laurea. L'analisi statistica potrebbe, infatti, offrire una serie di informazioni preziosissime, come dimostrano le due indagini sperimentali realizzate quest'anno da AlmaLaurea, coinvolgendo cinque atenei aderenti – le università di Bologna, del Salento, di Siena, Ca' Foscari e il Politecnico di Torino – per sondare le opinioni degli iscritti e per verificare la loro condizione occupazionale a un anno dal conseguimento del titolo. Un prototipo senza pretese di rappresentatività, ma il primo passo per arrivare a una valutazione estesa dei corsi di master in Italia da tempo e da tanti reclamata.

Innanzitutto le motivazioni della scelta. Oltre duemila giovani, in prevalenza tra i 25 e i 30 anni, iscritti nel 2008-2009, non esitano nel 98% dei casi nel rispondere: «Per acquisire competenze professionali». Ma ci si iscrive, raccontano i diplomandi, anche per un «approfondimento di interessi culturali», e per la «competenza dei docenti indicati nella presentazione del corso» (anche se solo il 44% ritiene la motivazione decisamente importante); 68 diplomandi su cento, infine, tra cui quasi uno su due particolarmente convinto, indicano invece le «prospettive di diretto inserimento nel mondo del lavoro» tra le motivazioni essenziali.

Il rischio dei corsi-fotocopia
Partiamo da qui. Il master come occasione di qualificazione professionale. Dovrebbe essere questo innanzitutto il criterio per orientarsi nella scelta, anche perché il lavoro è già nelle aspettative di chi ha deciso di iscriversi a un master. Corsi di alto livello, dunque, che non devono essere la fotocopia di un corso di laurea specialistico e nemmeno guardare solo ai giovani neodottori altrimenti sempre più condannati ad accumulare titoli senza riuscire a "spenderli".

Il master deve essere proposto ai neolaureati per accelerare, con elevate e specifiche competenze, l'ingresso nel mercato del lavoro, ma anche su un altro terreno: l'enfasi posta sul ruolo dell'istruzione formale non deve far dimenticare che ad alimentare la società della conoscenza concorrono quelle abilità, riassumibili nel termine "saper fare" (il learning by doing, il problem solving di oggi), che hanno rappresentato a lungo, fuori dalle aule scolastiche, il terreno concreto di selezione per quadri intermedi, dirigenti e funzionari (pubblici e privati), imprenditori; la spina dorsale dei sistemi economici, sociali, produttivi del paese.

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In questo senso, il master deve rivolgersi anche ai giovani laureati che hanno maturato una breve esperienza lavorativa, così come a quella popolazione adulta che in Italia è rappresentata da quasi due milioni di laureati tra i 35 e i 50 anni a rischio di obsolescenza delle conoscenze. Poi ci sono altri criteri di scelta che entrano nel merito dei corsi: la qualità e il grado di internazionalizzazione dei docenti e degli stage proposti, le relazioni con il mondo produttivo e dunque le chance occupazionali o di promozione professionale offerte.

Competenze in crescita
La seconda ricerca ha riguardato la condizione occupazionale di quasi 1.900 diplomati nel 2008 in 103 corsi di master offerti dagli atenei coinvolti. I risultati sono confortanti, almeno per il tasso di occupazione: 82 per cento. Ma tra gli occupati il 62% prosegue l'attività cominciata prima dell'iscrizione al master. L'indagine risponde, attraverso la voce diretta dei diplomati, a una domanda ricorrente: quanto è stato utile il master per trovare un nuovo o primo lavoro? Per 33 diplomati su cento è stato determinante. Per una quota analoga il master ha contribuito in "buona misura". Chi pensa che il master abbia svolto un ruolo marginale nel trovare un impiego è il 16%; altri 19 diplomati su cento pensano che il master non abbia avuto alcuna importanza a questo fine.

Infine, il master è stato utile per un avanzamento professionale? Più di 50 diplomati su cento, tra coloro che hanno proseguito il lavoro iniziato prima del conseguimento del titolo rilasciato dal master, hanno ottenuto un miglioramento nella condizione lavorativa, più di quanto avviene per i laureati specialistici (44 per cento). Gli aspetti migliorati riguardano soprattutto le competenze professionali. Il master risulta invece meno utile per un cambiamento migliorativo nella posizione lavorativa e nelle mansioni svolte, e ancora meno nel trattamento economico; risultati comprensibili solo a distanza di un anno dal titolo.
(Direttore di AlmaLaurea)

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