Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 11 ottobre 2010 alle ore 13:07.
Anche quest'anno la scienza triste ha i suoi campioni, i suoi premiati. E, seppur i nomi non siano conosciuti ai più, il criterio di scelta della Reale accademia delle scienze svedese non stupisce più di tanto. Il tema al centro degli studi di Peter Diamond e Dale Mortensen e del britannico-cipriota Christopher Pissarides è il lavoro. In un periodo di crisi, o se si vuole di debole ripresa, la parola che tutti sentiamo più pressante è una sola: occupazione, lavoro e ancora lavoro. I componenti dell'Accademia devono anche loro averla pensata in questo modo, facendo saltare fuori questi tre nomi per il Nobel all'economia 2010.
Il lavoro al centro
«Perché - si chiede un po' retoricamente l'Accademia reale - nonostante le nuove opportunità di lavoro ci sono così tanti disoccupati? Cosa può fare la politica per ridurre il tasso di disoccupazione?». Ebbene gli studi dei tre neo-premi Nobel tentano di dare una spiegazione proprio a questo. Su molti mercati chi compra non sempre riesce ad entrare in contatto con chi vende, se non dopo un po' di tempo. Questo preoccupa anche «chi è in cerca di lavoro e chi vuole offrire lavoro». Il mancato incrocio tra la domanda e l'offerta, le cosìddette frizioni dei mercati, non consentono infatti un perfetto funzionamento anche sul comparto del lavoro. E qui nascono i problemi.
Le analisi dei tre economisti sono finalizzate a capire «come la regolamentazione - scrive sempre l'Accademia di Stoccolma - e la politica economica influenzino la ricerca di un posto. Per esempio: se si aumenta il sussidio a chi non ha un posto, può accadere che livello del tasso disoccupazione cresca, oltre al tempo in cui si cerca il lavoro».
Un tema, quest'ultimo, della riforma degli ammortizzatori sociali (in Italia conosciamo bene la cassa integrazione) al centro del dibattito politico e culturale. L'Ocse, per esempio, ha più volte sottolineato che, se da un lato c'è bisogno di forti investimenti sulla formazione giovanile, non si può sottovalutare quella degli over 40. Questi ultimi, infatti, difficilmente svolgono un'attività di "acculturamento". Così, a fronte di nuovi lavori sempre più specializzati, rischiano di rimanere per sempre fuori dal mercato del lavoro. Un problema non solo per loro ma nache per la sostenibilità dei conti pubblici.