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Economia Aziende

Fiat conferma al governo che avrà cuore italiano e investirà i 20 miliardi previsti da Fabbrica Italia

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 febbraio 2011 alle ore 09:40.

Fiat conferma al governo il proprio impegno con 20 miliardi di euro di investimenti per portare a un milione e 400mila la produzione di veicoli negli stabilimenti italiani. È questo il cuore del confronto che stamattina ha visto sedersi al tavolo di Palazzo Chigi il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, affiancato dal sottosegretario Gianni Letta e dai ministri Maurizio Sacconi (Welfare) e Paolo Romani (Sviluppo economico), e i vertici del Lingotto: l'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne e il presidente John Elkann. Che, come si legge nella nota diffusa al termine del confronto, «hanno confermato al governo l'intenzione di perseguire gli obiettivi di sviluppo della multinazionale italiana».

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Romani e Sacconi: Fiat rimarrà con cuore italiano
I numeri sono quelli già resi noti: 20 miliardi di euro di investimenti da parte di Fiat e Fiat Industrial e una crescita della produzione nel nostro paese da 650mila e 1 milione e 400mila auto. L'ad di Fiat ha quindi indicato al governo ed agli enti locali piemontesi che delle condizioni perchè la testa del gruppo resti a Torino «se ne parlerà nel 2014». «Fiat è una grande multinazionale che si sta espandendo nel mondo ma che rimane con un cuore italiano», ha commentato Romani dopo l'incontro. Per il ministro l'ad Marchionne e il presidente Elkann hanno «confermato di voler investire in Italia», considerando il nostro Paese «un punto di partenza per una azienda che vuole investire nel mondo intero, anche aprendo nuovi mercati». Mentre il suo collega del Welfare si è detto sicuro che «la Fiat rimarrà a Torino non andrà a Detroit».

Lunedì sera tavolo governo-sindacati su Termini Imerese
Nel corso del tavolo, a cui è seguito un confronto allargato agli enti locali con il governatore del Piemonte, Roberto Cota, il presidente della provincia di Torino, Antonio Saitta, e il sindaco del capoluogo piemontese Sergio Chiamparino, si è tornati anche sul futuro di Termini Imerese. «Il Governo ha detto a Fiat che ha fatto fino in fondo il suo dovere, togliendo dal campo le tensioni che ci sarebbero state con una chiusura di Termini Imerese», ha sottolineato al termine il ministro Romani ricordando che nell'area industriale di Termini Imerese si insedieranno «sette nuove iniziative produttive» con un forte aumento dell'occupazione complessiva rispetto al numero attuale dei dipendenti Fiat e dell'indotto, da circa 1.500 occupati a circa 3.300. Lunedì sera è previsto il tavolo al ministero con i sindacati. Ci saranno, ha indicato Romani, i segretari generali di Cisl e Uil, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, e il segretario confederale della Cgil Vincenzo Scudiere (e non il segretario generale Susanna Camusso).

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Sacconi: serve governabilità stabilimenti
Nella conferenza stampa seguita all'incontro Sacconi ha poi sottolineato che, in vista della realizzazione di nuovi prodotti a Melfi e Cassino, dopo gli accordi di Pomigliano e Mirafiori la questione, non è «ipotizzare accordi fotocopia», ma «in tutte le realtà va risolta la piana utilizzazione degli impianti attraverso la tempestiva esigibilità dell'adattamento dei moduli lavorativi. Il futuro di Fiat, il suo radicamento in Italia, l'effettiva realizzazione degli altri investimenti ipotizzati sono condizionati alla governabilità degli stabilimenti». Sacconi non ha risparmiato poi un riferimento anche a chi, come la Fiom-Cgil, sostiene che con gli accordi firmati in Italia si va a colpire il lavoro che incide sui costi del gruppo solo per il 7%: «È una grande stronzata, per dirla in inglese», ha spiegato Sacconi. «Bisogna stabilire l'incidenza del costo del lavoro sui costi fissi e stabilire come quel 7% possa generare un ritorno rispetto al grado di utilizzazione degli impianti».


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