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Questo articolo è stato pubblicato il 21 marzo 2011 alle ore 08:33.

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La città di Kamaishi distrutta dallo tsunami (AFP PHOTO/ROSLAN RAHMAN)La città di Kamaishi distrutta dallo tsunami (AFP PHOTO/ROSLAN RAHMAN)

CHIHARU ("Mille Primavere") - Miyamoto è una bambina di 11 anni sopravvissuta alle onde che hanno travolto la cittadina dove vive, Yamada, provincia di Iwate. Si è salvata perché si trovava a scuola, che è in una parte del villaggio meno direttamente esposta sul mare. Ha vissuto una odissea: per due giorni non ha potuto abbracciare i genitori, che per fortuna sono riusciti anch'essi a sfuggire alla furia delle onde perché non erano in casa. Dove c'era la loro abitazione, adesso c'è uno spiazzo con bassi detriti: la casetta, che non era in muratura, è stata letteralmente spostata di un centinaio di metri.

Sua madre Masako ha la mascherina sul viso per proteggersi dalla polvere: sta cercando tra le macerie qualcosa di recuperabile. Trova un vasetto di ceramica, richiama l'attenzione di sua madre (la nonna di Chiharu) e le chiede un parere forse vincolante: «Questa possiamo tenerla?». Tutt'intorno non si vede che devastazione. Masako accarezza la sua bambina e dice: «In questa situazione, i bambini come Chiharu apprenderanno una lezione di vita. Impareranno che l'ambiente va rispettato e che nulla deve essere sprecato. Non usciranno di casa lasciando la luce accesa». Ai primi cioccolatini che vede da 10 giorni, Chiharu, prima di accettarli, guarda la madre per ottenerne il consenso. La signora appare per un momento incerta, non sa se chiedere «Grazie, quanto viene?», e poi incoraggia la figlia. Che fa un piccolo inchino. «Arigatou», grazie. Dove ci si aspetterebbe di trovare disperazione, l'incontro è con dignità e forza d'animo.

HIROKI - Hiroki Sasaki ha 27 anni e veste una casacca di volontari per i soccorsi di Miyako, villaggio poco più a nord di Yamada e altrettanto distrutto. La sua casa è rimasta in piedi, protetta da un cavalcavia dove si è incastonato un grande peschereccio. Mostra una corda che pende dal primo piano: «Mio nonno ha cercato disperatamente di aggrapparsi a questa corda, ma non ce l'ha fatta. Povero nonno, è rimasto aggrappato per qualche minuto, poi è caduto giù e l'acqua l'ha portato via. Davanti a mia madre e mia sorella, che erano sul terrazzo». L'interno dell'abitazione è un caos e Hiroki sta cominciando a sgombrare alcune suppellettili ormai inservibili. «Per fortuna adesso non stiamo in un centro per rifugiati: a 25 km da qui ci sono i nonni. Hanno anche un orto da cui possiamo prendere un po' di verdure. Sono arrivato adesso da lì con la mountain bike». Parla come se la casa non fosse la sua, ma una delle tante in cui sta entrando come ausiliario dei vigili del fuoco. Lavorava in una società di telefonini: «Chissà quando potrò ricominciare. Comunque qui intorno c'è tanto da fare». Arriva il padre Yoshiaki, 59 anni: «Italia? Sofia Loren! Mastroianni! himawari!», riferendosi al film "I girasoli" tanto famoso tra la sua generazione. Si aspetta qualcosa dal governo per ricostruire la sua casa? «Mi piace sperare ma non credo che accadrà. Mi sto organizzando da solo. Tutti sanno che il governo ha già un deficit enorme». La famiglia Sasaki, insomma, dopo un lutto e la casa distrutta sa ancora pensare al disavanzo statale e pare che si vergognerebbe un po' ad aggravarlo.

IL BONZO - E' giovane, avrà intorno ai trent'anni, Keita Ishigamori. Indossa gli zoccoli e una veste nera con una mantellina gialla. Ha in mano un inquietante bastoncino marrone a tre dita ripiegate: è lo strumento per il "michibiki" con cui si richiama l'attenzione delle anime di chi è deceduto, che vagano e non sanno dove andare. E' il religioso buddista addetto ai funerali nel crematorio che si trova dietro un grande tempio, su una collinetta appena al di sopra dell'apocalisse di Yamada. Il tempio non ha dato ospitalità agli sfollati. Ishigamori Fa cinque cerimonie al giorno, con un approccio che sembra burocratico: cinque minuti di litanie quando arrivano i parenti e prima che la bara venga introdotta nel forno, cinque minuti un'ora e mezza dopo (quando il forno si riapre e i parenti levano frammentini ossa con i bastoncini per riporli nell'urna che porteranno a casa per qualche giorno, prima di portarla al cimitero). Il religioso conferma che le autorità stanno predisponendo un terreno in cui seppellire i cadaveri che non si riesce a cremare, anche per carenza di kerosene. Una pratica che i giapponesi trovano ripugnante. Ma se manca il ghiaccio secco e non ci sono abbastanza "body bags", i cadaveri non possono aspettare. Quando il forno si chiude dietro il corpo di suo padre, una ragazza piange e si dispera. L'unica scena di pianto e disperazione che ho visto in questi giorni lungo le tappe di un cataclisma biblico, da Miyako a Yamada, da Kesennuma a Otsuchi. Così come - scusate, forse non sono stato bravo come altri - non ho visto alcun terrore diffuso della radioattività a Tokyo.

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