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Questo articolo è stato pubblicato il 27 aprile 2011 alle ore 06:38.

Il Paese ha bisogno di infrastrutture. E voi siete l'operatore più attivo anche su questo fronte, attraverso numerose operazioni di project finance. Si tratta di investimenti di «sistema» o avete davvero fiducia che, se e quando andranno in porto, daranno ritorni adeguati? Pensiamo a opere come la Brebemi o la Pedemontana.
Passera. Sul versante delle infrastrutture l'Italia ha accumulato un clamoroso ritardo, che vale 250 miliardi. Ricordo che la legge obiettivo – legge molto opportuna – prevedeva 100 miliardi di investimenti. Sono passati dieci anni e ne sono stati spesi circa 20. È intollerabile. In quasi tutti i casi il problema non sono state le risorse ma le procedure decisionali paralizzanti. In ogni caso, credo che il nostro supporto sia utile. La Brebemi, per esempio, è una sfida importante. I cantieri sono partiti, io la considero come fatta, anche se c'è ancora qualche calvario procedurale da superare. Quanto alla Pedemontana, non mi nascondo che un'opera che richiede 5,5 miliardi di investimenti non è facile. Però è uno dei progetti a cui gli ultimi Governi hanno dato priorità e credo che sarà fatta.
Supporterete anche il riassetto degli aeroporti? Sarete tra i protagonisti della quotazione della Sea?
Passera. Nel settore aeroportuale crediamo che una fase di consolidamento sia inevitabile. Certamente avremo un ruolo, anche se per il momento non abbiamo dossier aperti. Ricordo che anni fa già avevamo appoggiato l'iniziativa del fondo McQuarie di entrare nella gestione degli Aeroporti di Roma. Quanto alla Sea, partecipiamo al progetto di quotazione in Borsa. È noto che noi di Intesa Sanpaolo avevamo opinioni diverse sui destini di Malpensa. Ma anche così, credo che la società abbia buone possibilità di sviluppo.
Chi ha più bisogno di accesso al credito è il mondo delle piccole e medie imprese. Cosa state facendo per questo snodo decisivo dell'economia italiana?
Passera. Del totale degli impieghi di Intesa Sanpaolo, i due terzi sono destinati alle imprese e due terzi di queste vanno proprio alle piccole e medie imprese. Le esigenze di credito sono le più diverse ed è difficile generalizzare. Dipende molto da impresa a impresa e da imprenditore a imprenditore anche negli stessi distretti e dai settori in cui le aziende operano. In generale, il nostro impegno è quello di spingere queste imprese verso l'innovazione e l'internazionalizzazione. Oltre a cercare di facilitare il consolidamento delle aziende, spesso di dimensioni ancora troppo ridotte, per affrontare difficoltà e opportunità del mercato globale.
L'aumento di capitale da 5 miliardi è stato in parte una sorpresa, visto che a più riprese e fino a poche settimane prima della presentazione del piano avevate escluso ogni indiscrezione. Cosa vi ha fatto cambiare idea?
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