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Questo articolo è stato pubblicato il 15 giugno 2012 alle ore 07:50.

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Non ci sarà un seguito per Giovanni Trapattoni. E per l'Italia? Chissà. Dopo il miracolo delle qualificazioni, l'Eire saluta la compagnia con 0 punti e 7 gol sul groppone. A Danzica, contro gli spagnoli, non c'è partita. Neanche per un gol della bandiera per salutari migliaia di paciosi tifosi giunti dalla verde Irlanda che sul 4-0 ancora saltavano e ballavano neanche avessero di fronte la più rosea delle prospettive.

Non c'è neanche il tempo per le illusioni perché dopo 4' la Spagna è già in vantaggio con il suo uomo più discusso: Fernando Torres. El Nino si è svegliato dal letargo ed evidentemente non soffre di pressione bassa: il suo risveglio non è graduale, ma devastante. Con la grinta di un leone si avventa sul pallone e lo scaraventa in rete con un destro violentissimo che costringe Given alla resa.

Si gioca in una sola direzione ma l'Irlanda riesce ad andare a riposo con un danno limitato senza sapere cosa l'attende al rientro in campo. Non essendoci più nulla da perdere il ct effettua la prima sostituzione cercando di puntellare un attacco fiacco. Cox non l'ha mai vista e allora dentro Walters ma là davanti continuano a non arrivare palloni anche perché la Spagna staziona praticamente sempre in area irlandese. E infatti il raddoppio arriva dopo una manciata di minuti.

È ancora una leggerezza del disastroso Given a favorire il gol spagnolo. Il portiere irlandese respinge un tiro potente di Iniesta e la palla finisce sui piedi di Silva che non si fa pregare e col piattone firma il raddoppio, poi si riscatta salvando sulla conclusione a botta sicura di Xavi Hernandez. Ma il suo salvataggio è una goccia nel mare. L'Irlanda non esce quasi più dalla sua metà campa e contro la tecnica degli spagnoli nulla può la fisicità dell'esercito del Trap. E infatti Torres mette a segno la sua personale doppietta al 25' giusto in tempo per godersi la meritata standing ovation al momento della sostituzione con Fabregas che, a sua volta, lascia anche la sua firma su un match senza storia, chiudendo definitivamente i giochi al 38'.

Ma il Trap ha ancora una missione da compiere e per lui, grande uomo di sport, i prossimi saranno giorni tormentati. Perché in ballo non c'è più la maglia del dovere, ma c'è la patria. La sua.

La qualificazione dell'Italia, dopo l'1-1 con la Croazia, passa proprio dallo scontro diretto tra gli azzurri e gli irlandesi con un occhio più che vigile su quanto accadrà, in contemporanea, tra spagnoli e croati. Quanto a noi, c'è da scommettere che da qui a lunedì il tenore dei discorsi-da-bar-pre-e-post-partita cambierà radicalmente. Se fino a ieri si è ‘filosofeggiato' sull'opportunità di schierare Balotelli o Di Natale, o sull'opportunità o meno di adattare De Rossi al ruolo di difensore, oggi comincia un nuovo tormentone: biscotto sì o biscotto no. Divisi, tra innocentisti puri di spirito e dietrologi complottisti. Il dato di fatto è che, al di là dell'obbligo categorico di battere l'Irlanda nell'ultima gara (in fondo per gli altri è stato un gioco da ragazzi), un eventuale pareggio tra Spagna e Croazia, dal 2-2 in su, ci condannerebbe a prescindere.

Pur schierandoci tra gli innocentisti e puri di spirito, la sensazione di deja-vu che ci riporta con la memoria al 2004 ci accompagnerà fino al fischio finale, fastidiosa come la sabbia nel letto. In quell'occasione l'Italia fece il suo dovere battendo a fatica la Bulgaria ma il 2-2 tra Svezia e Danimarca ci vidimò impietosamente il biglietto di rientro. Sulla panchina azzurra sedeva Giovanni Trapattoni, che lunedì prossimo vivrà l'attesa insieme a noi ma con un po' meno batticuore.

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