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Questo articolo è stato pubblicato il 21 giugno 2012 alle ore 07:32.
L'ultima modifica è del 21 giugno 2012 alle ore 09:16.

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Emma Bonino indica un vaso del suo ufficio al Senato. «Vede – dice – l'euro è come un secchio con una crepa. Fino a un certo punto quella crepa ha tenuto ma, quando è arrivato lo stress della crisi, si è allargata e ora più continui a mettere acqua più il secchio perde». Continua u pagina 18
L'acqua sono le decine di miliardi stanziati in aiuti alla Grecia o alla Spagna. Uno sforzo vanificato settimana dopo settimana da mercati che continuano a mettere sotto pressione l'euro. «Perché i mercati sanno che finché non si chiude la crepa, non si risolve il problema dell'euro».

Fuor di metafora la crepa è quel difetto originario della moneta unica nata senza un'unione politica europea che ne facesse da infrastruttura portante. «Non esiste moneta unica senza un Tesoro, lo diciamo da anni». Oggi fortunatamente sono in molti a convergere su questa analisi. «Ma allora bisognerebbe passare dall'analisi ai fatti: bisogna fare le riforme istituzionali che per anni abbiamo rinviato. Io li chiamo Stati Uniti d'Europa, Federazione leggera, giusto per capirci, non penso a un superstato».
Un'esemplificazione di cosa ha in testa, Emma Bonino la presenterà domani a un convegno organizzato al Senato che vedrà tra gli altri la partecipazione dei presidenti delle principali confindustrie europee. «È un papiello scritto con Marco De Andreis in cui immaginiamo una Federazione leggera con un 5% di bilancio, non il 20% degli Stati Uniti. Hamilton a suo tempo prese i bilanci deficitari dei tredici stati confederali e ne ha fatto la Federazione. Noi giriamo intorno su cose apparentemente meno radicali ma troviamo mille resistenze». Ecco allora che i mercati non mollano la presa. Nella convinzione che ci siano altrove occasioni di investimento migliori e che scommettere su quella crepa può far guadagnare non poco. «Gli investitori fanno scelte razionali. Non è mica tutta gente con la bava alla bocca. C'è anche il fondo pensioni norvegese che deve gestire i suoi risparmi e non si fida della Grecia».

Il paradosso è che l'analisi è comune ma poi prevalgono le divisioni sulle scelte concrete e le resistenze hanno la meglio. Il grande assente è proprio la politica. «Ci si nasconde dietro l'affermazione che l'opinione pubblica non ci seguirebbe. Allora giustamente Giuliano Amato chiude il suo editoriale di domenica scorsa affermando che "il buon Dio ha fatto la politica esattamente per questo", per guidare l'opinione pubblica. Se la politica non è in grado di esprimere questa leadership che ci sta a fare? Dobbiamo affidare la salvezza dell'euro a mia zia Amelia?».
Bonino ha tra le mani le pagine del Financial Times. E per spiegare ancora meglio cosa intende legge l'incipit di un articolo di Wolfgang Munchau: «Nelle prime tre righe dice una cosa fantastica, sembra uno scioglilingua ma non lo è: la Bundesbank sostiene che non ci può essere un'unione bancaria se non c'è unione fiscale, Angela Merkel dice che non ci può essere unione fiscale se non c'è unione politica, Hollande dice che non ci può essere unione politica se non c'è unione bancaria. E ci sono 10 giorni, come dice Monti, per risolvere questo nodo». Eccola la spirale infernale in cui rischia di essere risucchiato l'euro. Eppure non mancano voci avvedute. Bonino fa riferimento a Laurence Parisot, presidentessa del Medef, la Confindustria francese: «L'ho invitata perché, pur essendo francese, quindi di cultura si immagina sovranista, mesi fa ha pubblicato uno splendido rapporto in cui proprio partendo dall'analisi della situazione economica francese dice, senza mezzi termini, che o andiamo velocemente verso gli Stati Uniti d'Europa o non c'è salvezza per nessuno».

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