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Questo articolo è stato pubblicato il 27 giugno 2012 alle ore 12:01.

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L'ultima volta che gli hanno chiesto quanti ne abbia, nemmeno lui ha saputo rispondere. Certo è che se i tatuaggi di Alino Diamanti svolgono la funzione per la quale sono in origine nati, il trequartista di riti di passaggio nella vita ne ha passati tanti. In effetti Alino (Alessandro ormai non lo chiama più nessuno) è un fumetto.

Mettiamoci la faccia simpatica con l'occhio a mezza via tra lo stralunato e il "sono capitato qui per caso e dalla via che c'ero ho fatto gol", il capello che se ne va dove gli pare arrotolato in riccioli biondicci e tutte quelle pitture sotto pelle: Diamanti sembra un fumetto. 30 anni, compiuti il 2 maggio scorso (e diciamolo che è del Toro, come Niccolò Fabi che pure lui coi capelli ha il suo bel daffare) e una passione per l'Oriente. Sarà che è nato a Prato, prima colonia cinese d'Italia, Alino si è scelto la moglie di Taipei: Silvia Chiay Hsieh, che di anni ne ha ancora 27 e che ha l'onore di poter leggere sul corpo del marito una dichiarazione d'amore ogni volta che lo guarda.

"I love Chiay", si è fatto scrivere il biondino, che poi la sua Silvia se l'è anche sposata (il 6 luglio di 4 anni fa). Sempre a lei, al suo amore con gli occhi a mandorla che prima di conoscerlo faceva la presentatirce a Top of the Pops, è ispirato lo smile che ha tatuato sul polpaccio: «È il motto di Silvia», aveva detto a chi gliene aveva chiesto conto. Poi visto che è anche papà di Aileen e Olivia come da tradizione si è fatto pittare pure i nomi delle figlie.

Destreggiarsi tra tutti disegni del trequartista della Nazionale, e del Bologna, non è cosa facile: sul braccio sinistro, che non ha più un centimetro di pelle libero, si riconosce però ancora una volta la passione per l'Oriente nelle due faccine di Pucca, bambolina giapponese che piace a tutte le teen ager del mondo, contornata da fiori e ideogrammi. Altro braccio altra storia: qui ancora i tatuaggi non hanno un filo conduttore, una cornice che li unifichi: c'è un cuore rosso tatuato all'interno del polso, qualche stellina e un nuovo tributo a Silvia "Be happy", tradotto sii felice. Che insomma, alla fine, ad Alino il motto deve anche avere portato fortuna, visto che è arrivato a una semifinale degli Europei e a segnare il rigore decisivo nei quarti, niente di meno che alla rappresentativa della "perfida (ma contro di noi calcisticamente jellata) Albione".

E visto che per essere felici non bisogna farsi mancare niente: dopo una gavetta infinita nelle serie minori, un passaggio di un anno al West Ham e ora l'atterraggio a Bologna, c'è da aggiungere che qua, sotto le Due Torri Diamanti è considerato un po' come il salvatore della patria. I suoi tifosi lo acclamano come un semidio e ne chiedono l'inserimento negli undici titolari contro la Germania. Lui è, o almeno appare, tranquillo e serafico. Chissà, forsa sta meditando di farsi tatuare da qualche parte un coppa.

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