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Questo articolo è stato pubblicato il 01 luglio 2012 alle ore 23:02.
Due capitani, due portieri, occhi negli occhi. Casillas ha già provato l'ebbrezza di alzare al cielo il trofeo europeo e quello mondiale. Buffon no. Nel 2006 fu Cannavaro, a Berlino, ad aver l'onore. Si guardano, si scrutano, si stringono la mano ma chissà quali pensieri gli passano nella testa mentre lanciano la monetina di palla e campo. Dura niente, però, il sogno azzurro. E' subito evidente chi dovrà inchinarsi a fine serata.
L'Italia crolla miseramente di fronte alla Nazionale più forte di tutti i tempi, la prima a realizzare una tripletta Europeo-Mondiale-Europeo. Le Furie Rosse in campo scelgono la stessa formazione dalla gara di tre settimane fa, con Fabregas al posto di una punta vera. L'Italia è cambiata nei piedi e nell'anima. Allora era in piena emergenza, con una difesa da inventare con De Rossi prestato alla linea a tre. Oggi ci sono tutti.
Ognuno al proprio posto. Abate a destra, Chiellini a sinistra, Bonucci e Barzagli in mezzo. A centrocampo Pirlo, con Marchisio e De Rossi ai lati e Montolivo dietro a Cassano e Balotelli. Non sorprende l'inizio di gara. La Spagna tesse la sua tela di passaggi, l'Italia si chiude. Troppo. Tutto già visto migliaia di volte eppure inevitabile. Il limite delle furie è la mancanza di profondità ma al primo errore si rischia grosso. Brivido Xavi, sul passaggio di ritorno perfetto di Fabregas e palla che termina alta. Quattro minuti dopo cade anche l'ultimo velo: Chiellini si perde Fabregas, cross per la testa letale di David Silva e Spagna in vantaggio.
La reazione azzurra sfiora la fronte volitiva di De Rossi ma il manone di Casillas cambia la traiettoria di quel soffio che basta. Chiellini intanto deve abdicare per una ricaduta sullo stiramento che ne aveva messo in dubbio la presenza nella gare precedenti. Dentro Balzaretti. Bravo Casillas al 27' ad anticipare Balotelli. Al primo sprint Cassano tenta il colpo impossibile, palla che passa tra le gambe di Busquets ma arriva debole tra le braccia del portiere. Più deciso al 33' il barese che ci prova con una gran botta dalla distanza. Casillas si distende e respinge. Partita che langue verso la fine del primo tempo ma, a tradimento, arriva la stilettata al cuore. Xavi squarcia in due il campo e i sogni azzurri con una palla filtrante, Jordi Alba irrompe in area e batte Buffon approfittando di una difesa imbambolata. Azzurri a testa bassa nel tunnel.
Lo strapotere spagnolo sembra impossibile da contrastare. Gli uomini chiave di Prandelli sono solo parenti lontani dei leoni che hanno annichilito i tedeschi. Non si intravede neppure quella cattiveria che fa ben sperare per la ripresa. Il primo segnale di vitalità passa dai piedi di Di Natale che si presenta in campo al posto di Cassano. Ma subito Fabregas ci rimette nella cesta con un numero d'alta scuola in area piccola che Buffon sventa con una mano.
L'arbitro portoghese Proenca ci concede una chance in più, ignorando il fallo di mano di Bonucci in area, ma non serve neanche questo. Il più grande limite degli azzurri resta quello di cui abbiamo parlato fino allo sfinimento. Certi gol non si possono sbagliare. Di Natale ci prova al volo dal limite ma Casillas c'è. All'11' Prandelli si gioca l'ultimo cambio possibile. Thiago Motta rileva Montolivo. Del Bosque inspiegabilmente toglie Silva per Pedro. Ma il vantaggio gli consente anche qualche azzardo. Per l'Italia piove sul bagnato. Thiago Motta si stira, lascia immediatamente il campo, la sua partita finisce qui. E non solo la sua.
Con la squadra in dieci è buio pesto. La tiritera spagnola diventa insopportabile e più sfinente che mai per un'Italia che sul piano fisico è arrivata al capolinea con troppo anticipo. C'è tempo di arrovellarsi con mille ‘mea culpa', su tutti l'ultimo cambio di Prandelli, frettoloso e con finalità incomprensibili che hanno lasciate immutate le strategie tattiche. Al 74' è già tempo di celebrazioni. Fabregas raccoglie la standing ovation del pubblico di Kiev e lascia la scena a Fernando Torres.
La Spagna ha smesso da un po' di spingere e giochicchia come il gatto col topo pregustandosi il momento del fischio finale. I nuovi entrati però ci tengono a lasciare un segno nella storia. La ‘fiesta' esplode a 7' dal termine quando Torres approfitta di una palla persa a centrocampo ingenuamente. Entra Mata, ci mette il carico. 4-0. Giusto così. Sono ancora loro i più forti. Onore ai vincitori, con stima sincera.
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