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Questo articolo è stato pubblicato il 10 agosto 2012 alle ore 12:24.
Per il Governo Monti c'è ancora tanto lavoro da fare. Non solo per quanto riguarda la fase due della spending review, di cui si parlerà oggi nella riunione del Consiglio dei ministri prima della breve pausa estiva (l'Esecutivo tornerà a riunirsi nella settimana dopo Ferragosto), ma soprattutto per dare corpo agli sforzi fatti finora.
Un anno di manovre – compresa quella varata a metà agosto 2011 dal Governo Berlusconi – aspetta ancora in larga parte di essere tradotto in realtà, visto che solo il 20% dei decreti attuativi previsti è stato finora varato. Oggi a Palazzo Chigi si parlerà anche di questo, ovvero del lavoro fin qui fatto. Ed ecco perché nei giorni scorsi il premier ha chiesto ai ministri di presentare ognuno il proprio rendiconto (si veda il Sole 24 Ore di martedì scorso).
Bilancio che – se considerato nel complesso – è poco lusinghiero: le otto riforme varate nel corso di quest'ultimo anno per rimettere a posto i conti sono operative solo in parte. Laddove, cioè, non sono stati previsti passaggi ulteriori.
Quando, invece, rimandano a provvedimenti di secondo livello, la strada si fa in salita: delle centinaia di decreti e regolamenti attuativi previsti – senza considerare il decreto legge sulla spending review appena convertito, ci si avvicina a quota 300 – solo il 20% è stato messo a punto. E questo nonostante molte misure siano accompagnate da stringenti scadenze, che in tanti casi sono state ormai sorpassate.
A parziale giustificazione delle basse performance evidenziate dai numeri si potrebbe invocare la probabile non esaustività del monitoraggio, che si è limitato a prendere in considerazione i decreti attuativi pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale o gli altri atti – come i provvedimenti delle autorità di garanzia o dell'Agenzia delle entrate – di cui è più ampia la risonanza.
Ci sono, però, disposizioni di attuazione affidate a regioni o enti locali o, ancora, quelle che si traducono in norme che rimangono circoscritte ai ministeri, di cui è più difficile (se non impossibile) avere un quadro completo. Tant'è che Monti ha chiesto ai singoli ministri di impegnarsi su questo fronte.
Da considerare, inoltre, che alcuni decreti sono stati varati, ma non hanno completato l'iter o che si trovano sulla strada per la Gazzetta. È il caso, per esempio, del regolamento che traduce in realtà la riforma delle professioni prevista dalla manovra di Ferragosto, riforma che dovrebbe debuttare lunedì.
Fatte queste precisazioni, il dato di fondo, comunque, non cambia: le manovre allestite finora sono in buona parte rimaste sulla carta. Per quelle più recenti c'è l'attenuante che il tempo a disposizione per predisporre i regolamenti attuativi non si è ancora esaurito. E non è solo il caso del decreto sviluppo, talmente fresco di conversione (il Parlamento ha dato il via libera finale il 3 agosto) da alleggerire il bilancio negativo.
La considerazione vale anche per il primo decreto sulla revisione della spesa (quello che ha previsto il commissario straordinario per la razionalizzazione dei conti, incarico poi affidato a Enrico Bondi) e per quello di semplificazione della macchina fiscale, per i quali diverse scadenze sono appena trascorse o sono ancora valide.
Più, invece, si va indietro nel tempo e meno si può invocare tale attenuante. Per quanto anche nella riforma sulle semplificazioni generali, in quella sulle liberalizzazioni e nel decreto salva-Italia ci siano provvedimenti attuativi per i quali il tempo non è ancora scaduto, nella gran parte dei casi si tratta di misure che il legislatore avrebbe dovuto aver già, quantomeno, messo in cantiere. Per non parlare, poi, della manovra di Ferragosto 2011, tuttora orfana di nove regolamenti attuativi.
E anche il fatto che l'incalzare delle riforme porti talvolta a modificare disposizioni varate poco prima, rendendo più complicato il lavoro di messa a punto dei decreti attuativi, non basta a giustificare i modesti risultati finora conseguiti. Ecco perché il premier, insieme alla tabella di marcia della fase due, è intenzionato a non perder di vista il primo atto. E si inizia dal consiglio dei ministri di oggi.
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