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Questo articolo è stato pubblicato il 27 novembre 2012 alle ore 08:39.

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Manca solo la registrazione della Corte dei conti per far scattare il maxi-rimborso ai dirigenti pubblici e ai magistrati che si erano visti colpire la busta paga dal decreto n. 78 del maggio 2010, quello che introdusse, tra l'altro, il famoso «prelievo di solidarietà» del 5% o del 10% per la parte di stipendio eccedente i 90mila o i 150mila euro annui.

Un provvedimento che la Corte costituzionale ha bocciato l'11 ottobre scorso (sentenza 223/2012) e che ora è stato superato con un Dpcm, decreto del presidente del Consiglio firmato da Mario Monti e dal ministro dell'Economia Vittorio Grilli il 30 ottobre. Il testo, «bollinato» dalla Ragioneria generale dello Stato, è tutt'ora al vaglio dei magistrati contabili e dispone la restituzione degli arretrati e il contemporaneo taglio lineare su diverse missioni di spesa dei ministeri per assicurare la copertura.

Si tratta, nella pratica, dell'attuazione della «clausola di salvaguardia» che era stata inserita nel decreto varato dal vecchio Governo per fronteggiare l'ipotesi che si verificassero minori risparmi del previsto con i tagli alle buste paga. Un'ipotesi che, per l'appunto, si è avverata con effetto pieno proprio con la sentenza della Corte costituzionale di un mese fa.

Il pagamento degli arretrati, si legge nel dispositivo del Dpmc, di cui il Sole 24Ore è entrato in possesso, avverrà in due tempi: tre quarti del dovuto sarà reso entro il 2012 e il quarto restante nel 2013. Il costo dell'operazione, in termini di saldo netto da finanziare, è di 190 milioni l'anno per il 2012, 2013 e 2014, 60 milioni per il 2015 e 30 per il 2016. Il rimborso, oltre al taglio dei trattamenti economici superiori ai 90mila euro, riguarda anche gli adeguamenti automatici degli stipendi dei magistrati e il taglio dell'indennità giudiziaria. Due voci, queste ultime, che determinano i maggiori oneri del rimborso complessivo, visto che il solo «prelievo di solidarietà» costava 25 milioni l'anno dal 2011 in poi (era stata ipotizzata anche una sua proroga per il triennio 2013-2015, ora azzerata).

La sentenza della Corte interessa 13.554 dipendenti del settore statale e 12.918 del settore non statale. La bocciatura della Consulta è arrivata dopo la levata di scudi di un piccolo esercito di magistrati. Sono state infatti quasi 1.300 le toghe che si sono rivolte ai Tar innescando una serie di ricorsi da diverse parti d'Italia. In totale sono state 15 le ordinanze con remissione al giudizio della Corte costituzionale arrivate tra lo scorso anno e i primi mesi del 2012. E la Corte ha bocciato i tagli perché ritenuti in violazione degli articoli 3 e 53 della Carta.

In sostanza, per limitarci all'aspetto del provvedimento che forse più aveva fatto discutere, siccome il Governo non ha mai esteso il «prelievo di solidarietà» anche ai privati, la misura lasciata in vigore solo per i pubblici è risultata palesemente incostituzionale. Da qui il maxi-rimborso, che sarà coperto come detto con nuovi tagli lineari alle spese rimodulabili dei ministeri, mentre per le altre amministrazioni gli oneri finanziari restano a carico dei rispettivi bilanci. L'onere del provvedimento correttivo, viene fatto notare nella Relazione tecnica, ha un effetto reale pari a circa il 50% della spesa totale delle amministrazioni se calcolato in termini di «indebitamento netto», visto che si tratta di costo del personale.

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