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Questo articolo è stato pubblicato il 14 agosto 2012 alle ore 12:24.

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Con la firma del decreto sul Piano città, a pochi giorni dall'entrata in vigore del decreto svilupppo che per primo lo ha previsto, il Governo Monti manda un segnale importante: dimostra di credere davvero alla leva dell'edilizia e della riqualificazione urbana per rimettere in moto da subito l'economia. Partendo dal basso: ovvero da quei tanti progetti, piccoli e grandi, fermi da tempo in qualche cassetto o per mancanza di fondi o anche solo per mancanza di coraggio. E al ticket delle Infrastrutture Passera-Ciaccia va anche il merito di aver dettato anche con questo decreto attuativo, una scaletta di tempi e obiettivi che non lascia spazi a visioni faraoniche e, dunque, inattuabili. Buona è anche l'idea di coagulare, mettere a rete le risorse intorno all'unico obiettivo di risanamento di intere porzioni di spazi urbani. Già perché la novità del Piano città sta anche nell'imporre ai soggetti coinvolti (Comuni per primi ma a seguire le altre amministrazioni pubbliche e i privati) la strada – preventiva - del confronto e del dialogo. Perché per avere una chance di successo la candidatura dovrà dimostrare davvero di attrarre anche il capitale privato (magari con premialità di cubature), di mettere a sistema più interventi puntuali (precedenza a chi può abbinare alla riqualificazione anche interventi di social housing o di efficienza energetica nelle scuole per poter attingere agli ulteriori fondi stanziati per questi due obiettivi).

I Comuni hanno davanti un campo tutto da esplorare: il decreto non fissa rigide griglie di parametri e punteggi, lascia ampi margini di valutazione alla cabina di regia (con un difficile equilibrio di voti tra Ministero, Regioni e Comuni). Questo per i Comuni si traduce in uno sforzo raddoppiato per funzionari finora poco abituati a pensare «in rete». Serve velocità di risposta (un mese per progetti e documenti) servono tempi ridotti per le garanzie urbanistiche, con varianti praticamente blindate, serve una seria analisi costi-benefici e persino una sincera autovalutazione dei punti di forza e di debolezza del proprio progetto. Questa è la vera sfida del Piano città.Tutta sulle spalel dei Comuni.

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