Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 14 ottobre 2012 alle ore 15:52.
«La nostra posizione è chiarissima, ribadita, tutti la conoscono, Casini legga bene le carte: noi manderemo avanti il meglio dell'esperienza Monti. Noi garantiremo il rigore e la credibilità che ha portato Monti, ma in quel rigore ci vuole più lavoro, più equità e più diritti. Serve un'agenda italiana, non di Monti o di Bersani, che metta al centro il lavoro». Pier Luigi Bersani chiude a Roma tra le polemiche l'alleanza con Nichi Vendola e fa partire ufficialmente la sua campagna per le primarie del centro-sinistra da un luogo simbolo: il distributore di benzina che fu del padre a Bettola, in provincia di Piacenza, in un'atmosfera retrò da quadro di Hopper. Un riferimento ai padri e alle radici del lavoro in perfetto stile bersaniano.
Campagna senza nomenklatura
Ad accoglierlo uno striscione pacatamente anti-renziano: «Noi aggiustiamo, non rottamiano». Una campagna che da qui al 25 novembre vedrà il segretario del Pd in Italia e in Europa in tanti luoghi simbolo, e rigorosamente senza facce della nomenklatura di partito. Solo tra la gente, tra gli amministratori locali che lo sostengono, tra i ricercatori e gli operatori sociali ed economici del Paese. Quanto a Monti, Bersani scherza sul test di montismo a cui è sottoposto ogni mattina e assicura: «Certamente dovrà continuare a dare un contributo a questo Paese».
Schema consolidato e vicolo di coalizione
Lo schema bersaniano resta sempre quello: vincere le elezioni con l'alleanza progressista Pd-Sel-socialisti e poi siglare un patto di legislatura con i moderati di Pier Ferdinando Casini per un governo politico di centro-sinistra che porti avanti il meglio dell'esperienza Monti trasportandola però nel solco dei progressisti europei. Nella Carta di intenti siglata con Vendola e con il socialista Riccardo Nencini è chiaro il riferimento a intese con le forze di centro che «si impegnano a promuovere un patto di legislatura di ispirazione costituzionale ed europeista». Quanto all'alleanza con Sel, Bersani è sicuro che non saranno ripetuti gli errori dell'Ulivo e prova a blindare la governabilità con il vincolo di coalizione contenuto nella Carta d'intenti sottoscritta da Vendola: le decisioni sulle questioni controverse saranno prese a maggioranza qualificata dei gruppi parlamentari convocati in seduta congiunta.
Antidoti alla rissosità del centrosinistra
Inoltre Vendola, con la sua firma sul documento dell'alleanza, ha assicurato il «sostegno leale e per l'intero arco della legislatura all'azione del premier scelto con le primarie» e «lealtà istituzionale agli impegni internazionali e ai trattati sottoscritti dall'Italia», nonché «pieno appoggio all'esecutivo in tutte le misure di ordine economico e istituzionale che nei prossimi anni si renderanno necessarie per difendere la moneta unica e procedere verso un governo politico-economico federale dell'eurozona». Se questo basterà ad evitare la rissosità dell'Unione è tutto da vedere. E intanto Vendola ha accettato il vincolo di coalizione richiesto da Bersani ottenendo in cambio la cancellazione del nome di Monti dalla Carta di intenti. Quel riferimento a «quel nostro posto in Europa, lì dove Monti ha avuto l'autorevolezza di portarci» è sparito dal documento finale. L'agenda Monti non c'è più. E a preoccuparsi non è soltanto Casini, che ha preso le distanze dal progetto bersaniano puntando ormai esplicitamente sul Monti bis. A preoccuparsi sono anche i montiani del Pd, quasi tutti veltroniani, e i molti ex popolari e moderati che sostengono Bersani alle primarie.
Il "buco nero" nella strategia di Bersani
L'assenza di Monti è chiaramente «un buco nero nella strategia di Bersani» per un bersaniano centrista come Marco Follini. Per questi democratici il problema di fondo, il peccato originale, è proprio il patto solenne siglato con Vendola, che il leader di Sel intende ribaltare a cominciare dal referendum per l'abolizione della riforma Fornero sul mercato del lavoro e sull'articolo 18. Per i detrattori dell'alleanza con Sel, Vendola fa riapparire i fantasmi dell'Unione ostaggio delle estreme e sposta pericolosamente a sinistra il baricentro politico. Un lettiano come Francesco Boccia, certo non entusiasta della scelta pro-Vendola e convinto che lo schema vincente sia quello dell'alleanza al centro, confida tuttavia nel lavacro delle primarie: »Il vincitore detterà la linea e gli altri si dovranno adeguare». Al momento, ragiona sempre Boccia, non ci sono alternative.
Le insidie della legge elettorale
Bersani dunque va avanti, convinto di poter riagganciare Casini dopo le elezioni da una posizione di forza. Magari con il mantello di Monti in un superministero dell'Economia o al Quirinale. Una strada irta di ostacoli, quella intrapresa dal segretario del Pd. Complice anche la nuova legge elettorale che si sta profilando, con un insufficiente premio di governabilità al 12,5%, l'unica cosa sicura è che il giorno dopo le elezioni si saprà chi ha preso più voti degli altri ma non con quale maggioranza formerà il governo. Il Monti bis resta più che mai sullo sfondo.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Permalink
Dai nostri archivi
Moved Permanently
The document has moved here.
La cronaca
- Primarie Pd, Renzi: no a un «piano B», vogliamo vincere. Chi si ritira all'ultimo chilometro è un vigliacco
- Vince l'asse Pd-Sel. Bersani recupera nelle regioni rosse, tranne in Toscana
- Renzi e la paura di perdere: arriveranno minaccine. Ai volontari: portate a votare almeno cinque persone
- Le primarie del Pd ora dovranno ispirare anche il centrodestra
- Bersani parte per le primarie e fa benzina a Bettola, suo paese natale. Renzi polemizza sulle nuove regole
Faccia a faccia
- «Fedeli all'Europa del rigore, industria fra le politiche prioritarie»
- Cortesia in diretta, freddezza negli studi. Bersani e Renzi dietro le quinte in tv
- Bersani contro Renzi, duello in tv su Mezzogiorno, fisco, costi della politica. «Siamo in grado di governare»
- Renzi: «Ruberò gli elettori di Nichi e di Pier Luigi»
- Bersani punta sul «fair play» e i voti di Vendola