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Questo articolo è stato pubblicato il 24 ottobre 2012 alle ore 06:41.
ROMA
Lo scontro sulle regola per le primarie arriva fino al Garante per la privacy. Nel mirino di Matteo Renzi, che ieri ha presentato una segnalazione urgente all'Autorità garante per la protezione dei dati personali, sempre l'iscrizione all'albo degli elettori del centrosinistra e l'appello pubblico di sostegno al centrosinistra che dovrà essere sottoscritto per poter votare alle primarie. No alla pubblicità dei dati, è in sostanza la tesi: «Non vi è alcun rapporto di necessità tra la raccolta dei dati per l'espletamento delle funzioni di voto e la loro eventuale diffusione e pubblicazione». Il fatto di rendere pubblica la propria appartenenza al centrosinistra è infatti per i renziani un ostacolo al diritto di voto che contraddice la riservatezza e il diritto della protezione dei dati personali previsti dal codice per la privacy nonché la segretezza del voto garantita dalla nostra Costituzione. «La diffusione dell'opinione e dell'impegno politico dell'elettore – è scritto nella segnalazione al Garante – è una forma di condizionamento e persino di controllo dei suoi successivi comportamenti». Nel mirino dei renziani anche la registrazione on line – prevista per iscriversi al partito ma non per registrarsi nell'albo ai fini di votare alle primarie – e il voto negato ai sedicenni mentre in altre primarie era stato concesso. Insomma, per i renziani le regole stabilite da Pier Luigi Bersani con il leader di Sel Nichi Vendola e il socialista Riccardo Nencini sono fatte apposta per sfavorire il voto d'opinione. «Il Pd tutela i dati sensibili dei cittadini quando si iscrivono al partito, ma non quando votano», dice Roberto Reggi, braccio destro di Matteo Renzi.
Antonello Soro, il deputato del Pd – già capogruppo a Montecitorio e franceschiniano di lungo corso – eletto non senza polemiche alla presidenza della Privacy fa sapere che si esprimerà presto. E la velocità della decisione potrebbe forse accorciare i tempi dello scontro in atto. «Sono regole che abbiamo deliberato all'unanimità nell'assemblea Pd del 6 ottobre – dice il segretario Bersani –. Le regole non le ho fatte io, sono in mano ai garanti». Se Bersani taglia corto, i suoi sono più espliciti. Il coordinatore del comitato Bersani, Roberto Speranza, si chiede che c'è da «nascondere», di che «si ha paura» nel chiedere a chi vota per il candidato premier di fare un appello pubblico per il centrosinistra. Insomma l'accusa implicita è che con la scusa della privacy il sindaco di Firenze voglia favorire la partecipazione alla primarie di chi non è di centrosinistra. Dal Pd bersaniano fanno comunque notare che pubblico sarà l'appello di sostegno al centro-sinistra che dovrà essere sottoscritto per iscriversi al voto e non l'albo degli elettori, che sarà composto da chi ha effettivamente esercitato il diritto al voto ed è sottoposto alle norme sulla privacy. Con ogni probabilità in questa direzione si muoverà anche la "sentenza" della Privacy.
«Mi auguro che queste primarie non diventino di carta bollata», è il commento di uno sconsolato Marco Follini, centrista e montiano doc che però si è schierato con Bersani. E in molti notano il paradosso di un Pd diviso sulle primarie proprio nel momento in cui, grazie proprio alle primarie, nei sondaggi sembra volare al 30%.
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