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Questo articolo è stato pubblicato il 16 novembre 2012 alle ore 16:51.

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NEW YORK - Ombre e polemiche si addensano sull'intelligence americana per la tragedia di Bengasi. David Petraeus, l'ex capo della Cia appena dimessosi per uno scandalo sessuale, ha parlato a porte chiuse alla Commissione Intelligence della Camera e del Senato. E, secondo quanto riportato da esponenti repubblicani, ha dichiarato che la Central Intelligence Agency aveva concluso fin da subito che dietro l'assalto in Libia ci fosse un'operazione terroristica e la mano di Al Qaeda.

Le conclusioni della Cia, i talking points, sarebbero però state alterate da altre agenzie federali che inizialmente avrebbero minimizzato la pista del terrorismo e le ragioni di simili scelte sono al centro del dibattito.
«Nessuno sa chi abbia alla fine generato i talking points per l'amministrazione - ha detto il deputato repubblicano Peter King - Dobbiamo sapere chi è stato e perché». Una riga che parlava esplicitamente di affiliate di Al Qaeda sarebbe stata del tutto redatta, avrebbe affermato un analista dei servizi segreti che ha a sua volta testimoniato.

Tutto questo, in realtà, non suggerisce necessariamente interferenze politiche o manipolazioni. Il processo di formazione dei talking points di intelligence è quello di una revisione inter-agenzie per completare un rapporto finale da consegnare alla Casa Bianca. Ed esiste una differenza tra informazioni pubbliche, comprese quelle date al Congresso, e segrete. Tant'è vero che stando allo stesso Petraeus il ruolo di Al Qaeda sarebbe stato di proposito classificato top secret, e tenuto così lontano dalle comunicazioni pubbliche per essere sostituito da generici riferimenti a estremisti, nell'intento di evitare di allertare i terroristi sulle indagini statunitensi.

La confusione emersa, secondo i critici, potrebbe tuttavia segnalare anche altro. Continue frizioni intestine nella galassia dell'intelligence statunitense e sollevare perplessità sulla loro efficacia, tanto più importante in una fase estremamente delicata in Medio Oriente. E, più seriamente, una sottovalutazione dell'assalto da parte dell'amministrazione Obama e un successivo tentativo di coprire errori. Tra le agenzie che hanno visionato i rapporti dei servizi segreti, accanto al resto della comunità di intelligence, ci sono il Dipartimento di Stato e della Giustizia.

La posizione espressa pubblicamente dall'amministrazione nei giorni seguenti la tragedia, costata la vita a quattro americani in Libia compreso l'ambasciatore Chris Stevens, è al centro di una dura battaglia: i repubblicani hanno attaccato anzitutto l'ambasciatrice all'Onu Susan Ruce, potenziale candidato alla poltrona di Segretario di Stato al posto di Hillary Clinton, perchè aveva inizialmente sostenuto un legame tra l'assalto e manifestazioni di protesta spontanee per un video anti-islamico in Occidente. Rice si è difesa affermando che queste erano le informazioni su cui concordava in quel momento l'intelligence.

L'unica certezza è che, nonostante le audizioni, il giallo di Bangasi non è stato ancora risolto. I democratici si sono in generale dichiarati soddisfatti delle spiegazioni ottenute sui problemi di intelligence, attribuendoli alla necessaria e complessa evoluzione delle valutazioni e alle esigenze di sicurezza nazionale. I repubblicani no. Anche se King ha ammesso di ricordare che persino Petraeus non era stato così esplicito sulla matrice terroristica nei primi briefing al Congresso dopo la tragedia di Bengasi.

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