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Questo articolo è stato pubblicato il 24 novembre 2012 alle ore 20:15.

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Il Coordinamento nazionale «Italia.BeneComune» comunica che, alle 13.30, nei 9.239 seggi sparsi in tutta Italia, hanno votato circa 1,3 milioni di elettori»'. E' quanto si legge in una nota del coordinamento nazionale delle primarie del centrosinistra.

Oltre un milione e mezzo di pre-iscritti all'albo degli elettori del centrosinistra già nel pomeriggio di sabato, un giorno prima del voto per le primarie. Come ha detto Pier Luigi Bersani, «come segretario del Pd ho già vinto». E il Partito democratico ha vinto davvero, se come si pronostica andranno alle urne circa tre milioni di persone. È stata una competizione seria, civile. Nel bel mezzo dell'antipolitica montante e mentre il centro-destra sta mostrando una poco edificante immagine di sé con la guerra aperta tra Silvio Berlusconi e il partito da lui stesso fondato. Anche solo per questo il Pd, che infatti è in crescita nei sondaggi, ha vinto.

«Tra i tre milioni e i tre milioni e mezzo», è la stima sui partecipanti alle primarie che si fa a Largo del Nazareno. Sono cifre che non spaventano più i bersaniani, ormai certi della vittoria del segretario su Matteo Renzi e Nichi Vendola. Forse già al primo turno, stando agli ultimi sondaggi che danno Bersani vicino al 50%. Certo, se si dovesse superare quota quattro milioni «allora sarebbe un terno all'otto», si lascia sfuggire un dirigente bersaniano. E proprio su una grande affluenza continua a puntare Renzi per ribaltare il tavolo all'ultimo minuto, convinto dall'inizio di questa avventura di poter mietere più consensi nell'elettorato cosiddetto di "opinione" che in quello "militante".

Fino alla chiusura dei seggi tutto è possibile, certo, ma la battaglia sembra ormai essersi spostata sul ballottaggio o meno: una vittoria di Bersani al primo turno sarebbe un successo davvero inaspettato per il segretario, che in queste primarie volute a dispetto di tutti e di tutto ha generosamente messo in gioco se stesso e il partito. Così come, al di là della propaganda delle ultime ore, per Renzi sarebbe un buon successo costringere il segretario al ballottaggio e portare a casa un 30% o più di consensi.

Il sindaco di Firenze non spera più di tanto nel miracolo e già prepara la sua battaglia per il dopo primarie in vista del congresso del Pd che si terrà nel 2013, a elezioni politiche avvenute. Quell'accenno fatto durante un fuorionda agli «amici» da portare in Parlamento svela una cosa più che ovvia: dopo le primarie nel Pd niente sarà più come prima, e se Renzi otterrà un terzo dei gradimenti Bersani non potrà ignorarlo. Né lo ignorerà, dal momento che uno dei motivi che lo hanno spinto a volere queste primarie nonostante il parere contrario di tutto l'establishment del partito è proprio quello di liberarsi dalla tutela e dal peso di questo establishment.

Renzi sulla rottamazione ha vinto, e ha vinto in modo clamoroso con il passo indietro prima di Walter Veltroni e poi di Massimo D'Alema. Ma sulla rottamazione ha vinto anche Bersani. Dopo le primarie il Pd dovrà subire un profondo rinnovamento e anche i renziani avranno il loro posto, oltre che nelle liste elettorali, dentro il partito. Magari con una grande corrente organizzata sul territorio, fruttando il capitale umano raccolto in queste settimane con i comitati. Il dopo primarie, per il Pd, si giocherà tutto sulla capacità di Bersani di tenere unite le varie anime dei democratici arricchendo il partito e il progetto del centrosinistra della linfa renziana.

Che piaccia o no Renzi ha posto alcune questioni ineludibili, dall'agenda Monti al mercato del lavoro al rapporto con i sindacati. D'altra parte il sondaggio del politologo Roberto D'Alimonte pubblicato dal Sole 24 Ore mostra che Renzi, se fosse il candidato a Palazzo Chigi, sarebbe in grado di raggiungere un numero molto ampio di elettori estranei alla tradizione del Pd. Sempre D'Alimonte, ospite alla kermesse renziana della Leopolda lo scorso week end, ha posto con parole semplici e chiare la sfida per il Pd a gazebo smantellati: «Chiunque vinca dovrà fare un accordo con l'altro. Il Pd deve restare unito. Renzi avrà bisogno di Bersani e Bersani di Renzi, e il Pd e l'Italia avranno bisogno di tutti e due».

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