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Questo articolo è stato pubblicato il 25 novembre 2012 alle ore 15:01.

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Alla fine è ballottaggio. Bersani è avanti, ma il risultato di Renzi è al di là di ogni aspettativa. Il sindaco di Firenze ha già vinto la sua battaglia, anche se perderà la guerra. E in ogni caso non sarà un secondo turno convenzionale: un Renzi oggi al 37% e fra una settimana al 40 per cento vuol dire che il Pd non potrà continuare a essere quello che è stato fino a oggi, dovrà aprirsi e ammodernarsi. Vuol dire anche che Bersani, pur vittorioso, si troverà a essere imbrigliato al ballottaggio dai voti di Vendola, di cui avrà bisogno. E questo rischia di dare un'impronta di estrema sinistra alla coalizione, l'opposto di quello di cui il segretario avrebbe necessità per rassicurare i partner internazionali e sedurre l'elettorato d'opinione in vista delle elezioni politiche. Per Renzi è una giornata quasi trionfale. Un perdente di successo, si potrebbe definirlo. E intanto si possono fissare alcuni punti.

Primo: una giornata storica per il centrosinistra. Essere riuscito a costringere il segretario al ballottaggio, e con un punteggio di tutto riguardo, è un successo quasi clamoroso del Pd e di chi ha voluto le primarie. Ma all'interno di questa cornice Renzi è riuscito a incarnare il desiderio di tanti italiani, anche estranei ai riti di partito, o ex votanti della destra berlusconiana, di tornare a partecipare trovando punti di riferimento in partiti trasparenti e capaci di dar corpo a un'idea dello sviluppo, a una visione del paese.

Secondo: Bersani prevale, ma il vincitore morale è Renzi. Il segretario è costretto a malincuore ad acconciarsi al secondo turno. Ci arriverà con una percentuale importante, ma inferiore alle attese, e nel ballottaggio non avrà problemi a raccogliere i consensi di un largo segmento dei tre esclusi: Vendola, in primo luogo, e poi Laura Puppato e forse anche qualche sostenitore di Tabacci. Ma il sentiero sembra tracciato: Bersani sarà candidato premier con un sostegno considerevole, avendo però alle spalle un partito diviso in cui l'impronta "renziana" è il vero fatto nuovo. Il sindaco di Firenze ottiene più di quello che voleva. Ora è lui il leader dell'area "modernizzante" del Pd, è lui che ne interpreterà, se sarà capace, l'istinto liberale. Renzi voleva essere il piccolo Tony Blair italiano e c'è riuscito. Dipenderà anche dalla sua abilità e dal suo equilibrio se avrà modo di contare nel domani del centrosinistra in proporzione a quello che è stato il suo relativo successo in queste primarie.

Terzo: il futuro immediato del Pd. Per il partito bersaniano ora il problema sarà non disperdere il piccolo patrimonio di credibilità nell'opinione pubblica che questo tormentato processo ha costruito. Il vantaggio elettorale per il Pd ci sarà, come effetto trascinamento. Ma guai a credere che tutti i problemi siano risolti. I partiti - tutti i partiti, compreso il Pd - devono ancora scalare una montagna per tornare ad essere accettabili agli occhi degli italiani. E non è detto che ci riescano. Il tema adesso, in vista del secondo turno, è quale uso farà Bersani della vittoria, specie se non sarà un trionfo, ma dovrà tener conto delle percentuali renziane. Dal punto di vista del "dopo", colpisce l'apertura a Di Pietro, e ai reduci dell'Italia dei Valori. Dopo mesi di chiusure, questa improvvisa mano tesa che significato ha? Qualcuno vi ha letto un sintomo di debolezza e d'incertezza. È facile invece intuire che sia un messaggio di relativa forza. Bersani si sente abbastanza saldo da ricomporre l'area della sinistra allargata.

Quarto: la tentazione dell'Unione prodiana. È la solita linea, quella che finisce per tornare alla vecchia Unione prodiana. Tanto più che passano i giorni e la legge elettorale attuale, il "Porcellum", è sempre lì: la tentazione per il Pd di andare alle urne con questo schema, pur a lungo esecrato, aumenta. Ma c'è anche il desiderio di non regalare a Grillo i voti dipietristi. D'altra parte, è vero che questa mossa allontana Bersani, almeno in parte, dal "centro" (Casini e altri) con cui occorrerà fare accordi dopo le elezioni.

Quinto: anche Renzi di fronte al bivio. Il sindaco di Firenze ha vinto solo sotto il profilo morale, ma già così il suo successo induce la politica italiana a cambiare volto. Renzi dovrà decidere cosa fare in una vita politica che non si conclude oggi. La logica vorrebbe che tornasse a fare il sindaco di Firenze, possibilmente bene, e si mettesse in attesa. Di cosa? Delle prospettive della gestione Bersani. Ci sono le elezioni alle porte, subito dopo ci sarà da mettere in piedi un governo e forse guidarlo da Palazzo Chigi: un'agenda piena e persino drammatica per Bersani. Da come andranno le cose, si capirà se questa sinistra, la sinistra riformista bersaniana, ha un futuro in Italia. Renzi sarà tentato di starsene sulla riva del fiume a osservare quel che accade. Ma farebbe meglio a "compartecipare", cioè a farsi coinvolgere nel Pd di domani. Bersani lo ha un po' detto: «Renzi è un'energia per il partito». Anche questa è un'apertura, che andrebbe declinata in termini di idee nuove da far circolare, non solo di seggi da distribuire. Il "renzismo" è un oggetto un po' misterioso, ma contiene in sé l'idea di una sinistra moderna e liberale. Sarebbe grave se stasera i vincitori, i bersaniani, si chiudessero a riccio; ma sarebbe un errore se anche Renzi, sconfitto con onore, si ritirasse da tutto sperando nel peggio.

Ultimo punto: comunque voltare pagina. È in ogni caso evidente che l'alleanza è troppo spostata a sinistra. Bersani pensa che sia facile ottenere alla fine un appoggio dai "centristi" (dopo il voto), ai quali si prepara a offrire una fetta di potere o di sottopotere. Eppure proprio il grande caos nel centrodestra, nel Pdl disastrato, dimostra che non tutto oggi è prevedibile. Meglio sarebbe per il Pd e per il governo del paese se il partito che si avvia a conquistare la maggioranza relativa facesse fin d'ora un po' di chiarezza su quello che vuole e su con chi lo vuole. Legge elettorale, programmi economici, rapporti con l'Europa.... Forse è il momento di uscire dagli slogan. Vincere le primarie può essere confortante, ma da domani si deve voltare pagina.

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