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Questo articolo è stato pubblicato il 24 dicembre 2012 alle ore 06:37.
Il governo Monti ha visto chiudere la sua parabola. In poco più di tredici mesi di vita ha approvato riforme importanti: dal salva-Italia fino al decreto sviluppo, passando per il cresci-Italia, le semplificazioni (generali e fiscali), la riforma del lavoro e la spending review. Leggi che, secondo il Governo, sono per l'80% diventate subito operative.
Un 20% delle riforme ha, però, ancora bisogno di provvedimenti attuativi per tradursi in realtà. Tradotto in cifre, si tratta di 477 regolamenti, di cui finora solo 107 (il 22,4%) sono arrivati al traguardo. Ne mancano, dunque, all'appello 370. È vero che, seppure diversi sono ancora fermi al palo, una buona parte è in cammino: c'è il provvedimento di cui è stata scritta la prima bozza, ma c'è anche quello ormai definito e pronto per il consiglio dei ministri. Ci sono, inoltre, atti ancora più avanti, pronti per i pareri di prammatica (del Consiglio di Stato, della conferenza unificata o delle commissioni parlamentari).
A prescindere dallo stadio di ciascuno di essi, ora le cose si complicano per tutti, anche per quei regolamenti con un iter avanzato. Già non si può escludere che il precipitare della crisi di Governo abbia rallentato l'attività degli uffici legislativi. Da oggi in poi, però, si dovrà tener conto del fatto che a Palazzo Chigi ci si concentrerà solo sull'ordinaria amministrazione. E per capire meglio i confini di quell'attività bisognerà attendere la circolare che viene predisposta dal Governo quando arriva al capolinea. Da lì si potrà avere un'idea più precisa di quali provvedimenti l'Esecutivo intenderà portare avanti. D'altra parte, una situazione del genere – con un numero tale di atti attuativi ancora da completare – non si era mai verificata. Per di più, i provvedimenti mancanti rischiano di far venir meno una parte di interventi di riforma pensati come un sistema organico.
L'attività del Governo si dovrà, poi, incrociare con quella del Parlamento. Una parte dei regolamenti in cantiere richiede, infatti, il parere delle commissioni parlamentari competenti. Attività che rientra fra quelle che le Camere possono svolgere anche una volta sciolte. Lo snodo diventa, però, tutto politico: vorrà il Parlamento prendersi l'impegno di mandare avanti i pezzi mancanti delle riforme di un Governo che non c'è più? E soprattutto, deputati e senatori, molti dei quali affaccendati nella campagna elettorale, troveranno il tempo per le attività parlamentari?
Sorte che accomuna diversi provvedimenti. A cominciare dall'autorizzazione unica ambientale, che però ha già avuto il via libera del Senato e ora aspetta quello della Camera. O come il regolamento sulla valutazione degli studenti e dei dirigenti scolastici: in attesa del parere del Consiglio di Stato, dovrà poi presentarsi davanti alle commissioni parlamentari.
Per questi, come per altri provvedimenti in una situazione analoga, l'ultima speranza di farcela non è, tuttavia, ancora persa. Diversamente da altri regolamenti, il cui destino è segnato. O quasi. Per esempio, i decreti attuativi delle liberalizzazioni oppure alcuni atti della riforma del lavoro o anche le linee guida sull'autonomia scolastica o ancora il decreto sul fondo per la crescita sostenibile.
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