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Questo articolo è stato pubblicato il 27 dicembre 2012 alle ore 06:37.

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ROMA. Con un tasso di disoccupazione che ha superato la soglia dell'11% il mercato del lavoro è uno dei temi su cui insisterà di più la prossima campagna elettorale. Nelle dieci proposte del Sole 24 Ore è un paragrafo che non poteva mancare, con la sollecitazione ad avviare al più presto la revisione della riforma Fornero, in particolare sulla flessibilità in entrata, che il nuovo provvedimento ha irrigidito rispetto alla precedente "legge Biagi".

Alle imprese la riforma Fornero non è piaciuta: l'obiettivo giusto di stabilità per i giovani ha comportato nei fatti vincoli eccessivi con l'effetto negativo di ridurre l'occupazione. Ed è questo che viene messo in evidenza nelle idee lanciate dal Sole 24 Ore: le regole contrattuali vanno modellate sulla realtà del lavoro, per evitare che la stabilità si traduca in rigidità eccessive per le aziende e quindi provochi espulsioni. Inoltre bisognerebbe rendere strutturali gli sgravi fiscali legati ai salari di produttività.

Ma su questo argomento tra i partiti c'è un alto tasso di diversità di vedute. E il lavoro rischia di essere uno dei principali terreni di scontro della campagna elettorale. Il riferimento è la riforma Fornero, varata dal governo Monti. Nella sua Agenda, Monti la definisce un «passo avanti verso un modello di flessibilità e sicurezza», da cui «non si può fare marcia indietro». L'impianto, quindi, resta. Si può «migliorare», monitorandone l'attuazione e «attuando le correzioni possibili». Tutto da vedere, quindi. Mentre si specifica che bisogna completare le parti mancanti, dagli ammortizzatori sociali alle politiche attive al contenuto di formazione nell'apprendistato. Bisogna superare il dualismo tra protetti e non protetti, continuare nella strada del decentramento per quanto riguarda la contrattazione, anche con forme di detassazione. Si parla di modernizzare il mercato del lavoro semplificando le norme amministrative e si introduce il reddito di sostentamento minimo. Una parte, questa dell'Agenda Monti, su cui ha lavorato il senatore Pietro Ichino, uno degli esponenti riformisti del Pd, che ha lasciato il partito per aderire alla lista Monti.

Su posizioni ben diverse è il programma del Pdl, come lo riassume Maurizio Castro, senatore, capogruppo del partito in commissione Lavoro e vice presidente della Consulta Lavoro Pdl. Il programma Pdl prevede il ritorno alla legge Biagi sulla flessibilità in entrata; interventi di riforma sull'orario di lavoro, per poter agire su questa leva con l'obiettivo di aumentare la produttività. «Da noi si lavora in media 40 ore alla settimana, la media europea è 48», spiega Castro. Inoltre andrebbero aumentate le risorse per la detassazione dei salari di produttività, portandole almeno a 2,5 miliardi e rendendole strutturali, con l'obiettivo di spostare la contrattazione a livello aziendale. In questa chiave e per avvicinare l'erogazione delle retribuzioni al luogo dove viene erogato il salario per il Pdl, dice Castro, occorre rafforzare l'articolo 8 della manovra dell'agosto scorso, dove si prevede che le parti sociali possano derogare con accordi aziendali anche alla legge, compreso orario e licenziamenti. «Andrebbero ampliate le circostanze in cui questi accordi si possano realizzare», spiega ancora il senatore Pdl, aggiungendo che a questa «contrattazione di prossimità» deve andare di pari passo la partecipazione dei lavoratori.

Per il Pd, come spiega l'ex ministro del Lavoro e senatore, Cesare Damiano, capogruppo in commissione Lavoro, la riforma Fornero resta un punto di riferimento sull'articolo 18, «dove è stato evitato il solo risarcimento per i licenziamenti per motivo economici». La riforma però va modificata per lavori a progetto e partite Iva: «In questo caso la contribuzione previdenziale va resa omologa a quella del lavoro autonomo e non dipendente». Secondo Damiano, la riforma Fornero va corretta profondamente, ma non bisogna assolutamente tornare alla Biagi. Bisogna puntare all'obiettivo di stabilizzare il lavoro, «dando vantaggi alle imprese, dagli incentivi al credito di imposta». Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, secondo Damiano bisogna mantenere le vecchie regole fino a tutto il 2014, necessarie in questo momento di crisi.

In linea di principio Damiano è favorevole alla detassazione del salario di produttività, ma a suo parere i soldi stanziati sono troppi: dovrebbero essere dirottati sulla cassa integrazione in deroga e sugli ammortizzatori sociali, più necessari nella congiuntura economica che si sta vivendo. L'obiettivo, dice, è il mix flessibilità-stabilità, per combattere il precariato. Quanto all'allarme della Cgil sui precari (si veda articolo a pagina 43), per Damiano «va ascoltato»: «Il rischio di interruzione del lavoro alle prossime scadenze dei contratti temporanei è reale – dice l'ex ministro –. Si tratta di mezzo milione di persone in difficoltà».

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