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Questo articolo è stato pubblicato il 17 aprile 2013 alle ore 21:50.
L'ultima modifica è del 17 aprile 2013 alle ore 16:25.

Arrivando alla riunione dei grandi elettori del centrosinistra, il leader del partito Pier Luigi Bersani aveva annunciato «Una bella sorpresa», ma la sorpresa in realtà non c'è stata: le sue prime parole sono state infatti «Avanzo la candidatura di Franco Marini» alla presidenza della Repubblica. Confermata quindi la voce, circolata nel pomeriggio, sull'ex presidente del Senato, divenuto il candidato sul quale Bersani è riuscito a chiudere l'accordo Pd-Pdl-Sc per il Colle.
A conferma, l'esordio di Berlusconi in serata alla riunione dei "suoi" grandi elettori: «Il candidato è Marini, è una persona che viene dal popolo». Accordo fatto, dunque, ma molti, moltissimi, all'interno del Pd, non sono affatto d'accordo: il partito è spaccato. Al termine di un lungo e teso confronto, la candidatura proposta da Bersani è stata messa al voto per alzata di mano, con Sel che ha deciso di non partecipare, ed è stata approvata dall'assemblea dei grandi elettori del Pd con 222 favorevoli, 90 contrari e 30 astenuti. I contrari non sono pochi, se si pensa che, in tutto, i grandi elettori del centrosinistra sono 496 (44 di Sel).
Il segretario è uscito da una porta secondaria del Capranica senza rilasciare dichiarazioni. Da domani avrà più di un problema se è vero come è vero che i numeri per Franco Marini nelle prime votazioni per la Presidenza della Repubblica sono sul filo del rasoio: necessari per passare alle prime tornate con la maggioranza dei due terzi, infatti, sono 672 voti. Ma l'ex presidente del Senato, che sulla carta può contare almeno su 698 voti, dopo le defezioni annunciate in serata da parte di Sel, renziani del Pd, parlamentari democrat di aree diverse e un drappello di esponenti di Scelta Civica che hanno esplicitamente bocciato la sua candidatura, rischia di giocarsela su una manciata di voti.
Se l'intesa Bersani-Berlusconi sul nome dell'ex leader della Cisl tenesse, Marini potrebbe contare da subito, al netto degli altri gruppi, su circa 400 voti del Pd, i 188 del Pdl, i 68 di Scelta Civica e i 42 di Sel, per un totale di 698 voti. Ma il fuoco di fila delle stroncature, a partire dai circa 50 deputati e senatori renziani, alle forti perplessità di Sel fino ai parlamentari del Pd che hanno preso pubblicamente le distanze dalla candidatura Marini, porterebbe la soglia dei voti reali ben al di sotto della cifra necessaria per essere eletti ai primi tre scrutini.
Tra i democratici hanno già espresso il loro no alla candiatura di Marini esponenti come Matteo Orfini, Sandra Zampa, Marianna Madia, Pippo Civati. No anche da i montiani Andrea Romano, Edoardo Nesi e Ilaria Borletti Buitoni.
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