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Questo articolo è stato pubblicato il 24 febbraio 2014 alle ore 17:16.

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Però, non vorrei che questo facesse venir meno un giudizio sulle priorità che riguardano la condizione economica. Metto a verbale che la scuola è il punto di partenza, e intervengo sulle quattro riforme che vi proponiamo, che vi proporremo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, e la cui urgenza è l'elemento che detta la scansione temporale dei prossimi mesi e dei prossimi anni, e anche il cambio che noi abbiamo fatto all'interno del Governo. Cambio che non può in alcun modo oscurare i risultati che ha ottenuto il Governo precedente. E fatemi rivolgere un pensiero particolare al Presidente del Consiglio uscente, l'onorevole Enrico Letta. (Applausi dai Gruppi PD, PI, SCpI, NCD e Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE). Viviamo una situazione in cui... (Commenti dal Gruppo M5S). Dicevano che al Senato non vi divertivate: invece, vi vedo sereni. Vi garantisco che vi divertirete sempre di più! Dal 2008 al 2013, mentre qualcuno si divertiva, il PIL di questo Paese ha perso 9 punti percentuali. La disoccupazione giovanile è passata dal 21,3 al 41,6 per cento.

VOCI DAL GRUPPO M5S. Lo sappiamo!

RENZI, presidente del Consiglio dei ministri. La disoccupazione è passata dal 6,7 per cento al 12,6 per cento, in base all'ultimo dato. Non sono i numeri di una crisi: sono i numeri di un tracollo... (Commenti dal Gruppo M5S).

VOCI DAL GRUPPO PD. Presidente, ora basta!

PRESIDENTE. Non ammetto commenti ora. Ci sarà tempo, durante la discussione e le dichiarazioni di voto.

RENZI, presidente del Consiglio dei ministri. Non si tratta di rispondere semplicemente con dei numeri a numeri. La crisi ha il volto di donne e di uomini, e non di slides. Chi ha avuto modo di conoscere le dinamiche delle crisi aziendali, chi ha stretto la mano al cassintegrato, chi è entrato, perché faceva il sindaco, in una fabbrica o chi ha visto, da parlamentare e da senatore, e ha ricevuto delegazioni di lavoratrici e di lavoratori sa perfettamente che la crisi non è un numerino.Però questo numero è impietoso. Però questo numero è devastante. Però questo numero impone un cambio radicale delle politiche economiche. Il cambio radicale delle politiche economiche passa innanzitutto da alcuni provvedimenti concreti che, con il ministro Padoan, abbiamo discusso e che approfondiremo nel corso delle prossime settimane.

Il primo elemento su cui prendiamo un impegno è lo sblocco totale - non parziale - dei debiti della pubblica amministrazione attraverso un diverso utilizzo della Cassa depositi e prestiti. (Applausi dai Gruppi PD e Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE). Il secondo elemento che mettiamo immediatamente all'ordine del giorno è la costituzione e il sostegno di fondi di garanzia, anche attraverso un rinnovato utilizzo della Cassa depositi e prestiti, per risolvere l'unica reale, importante e fondamentale questione che abbiamo sul tappeto, che è quella delle piccole e medie imprese che non riescono ad accedere al credito. (Applausi dal Gruppo PD). Il terzo punto che poniamo immediatamente alla vostra attenzione - lo faremo nelle prossime settimane - è una riduzione a doppia cifra del cuneo fiscale, attraverso misure serie e irreversibili, legate alla revisione della spesa, che porterà nel corso dei primi mesi del primo semestre del 2014 a vedere dei risultati immediati e concreti.

Su questi tre impegni siamo nelle condizioni di non offrire parole, ma interventi precisi e puntuali. Basta? No! Non basta (sono il primo a dirlo), e non perché la parte delle regole e della normativa non sia una parte importante. Nessun decreto crea, attraverso le regole, posti di lavoro: al massimo può accadere che faccia allontanare dei posti di lavoro (ma questa è un'altra storia). Noi partiremo, entro il mese di marzo, con la discussione parlamentare del cosiddetto Piano per il lavoro, che, modificando uno strumento universale a sostegno di chi perde il posto di lavoro, interverrà attraverso nuove regole normative, anche profondamente innovative. Infatti, se non riusciamo a creare nuove assunzioni, il problema delle garanzie dei nuovi assunti neanche si pone.

Immaginiamo però di intervenire in modo strutturale nella capacità di attrarre investimenti in questo Paese, investimenti che negli ultimi anni, purtroppo, in virtù della crisi, sono profondamente diminuiti, arrivando ai 12 miliardi dello scorso anno. C'è un dibattito surreale intorno a questo tema. Sembra che l'interesse nazionale impedisca l'attrazione degli investimenti. Sembra che, quando un soggetto vuole investire in Italia, questo debba essere cacciato al grido di «guai allo straniero!». Un Paese vivo, ricco, aperto e curioso non ha paura di attrarre investimenti: li va a cercare e fa di tutto per agevolare l'investimento da parte di soggetti che vengono dall'esterno. Da sindaco potrei parlarvi della madre di tutte le privatizzazioni: la privatizzazione del Nuovo Pignone, che negli Novanta ha visto un incredibile aumento delle performance da parte del suo acquirente (gli americani di GE) e che oggi consente di aver moltiplicato per 7 i posti di lavoro.

L'interesse nazionale non è il lancio di agenzia del deputato o senatore in cerca di visibilità: l'interesse nazionale è il posto di lavoro che si crea, è una famiglia che riesce a uscire dalla situazione di disoccupazione. L'interesse nazionale che ha questo Paese è quello di migliorare la sua attuale posizione nella classifica internazionale: siamo al penultimo posto nella classifica OCSE - correggetemi se sbaglio - per la capacità di attrazione, mentre siamo al 126° posto nel «Doing business index» della World Bank. Questo ci porta ad essere percepiti all'esterno solo come un Paese meraviglioso in cui andare in vacanza. Ma c'è un Paese potenzialmente più attrattivo del nostro? C'è un Paese che può coniugare la qualità del vivere bene con la capacità di tenere in piedi la genialità, l'intuizione, l'innovazione da parte delle lavoratrici e dei lavoratori?

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