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Questo articolo è stato pubblicato il 13 aprile 2014 alle ore 21:18.
L'ultima modifica è del 14 aprile 2014 alle ore 10:44.
«Il timore è che se si avessero forti rappresentanze euroscettiche nel Parlamento diventerebbe più faticoso il cammino. Io non credo ad un'Europa che torni indietro, anche con tutti coloro che arrivassero da euroscettici al Parlamento europeo». Così il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in una intervista a Fabio Fazio (nel corso della trasmissione "Che Tempo che fa") nella quale il capo dello Stato apre anche alla prospettiva di elezione diretta a suffragio universale del Presidente del consiglio europeo. E rilancia poi la necessità di un progetto di integrazione Ue. Con due cambiamenti, uno economico, l'altro istituzionale. Da un lato una maggiore attenzione alla crisi e alla lotta alla disoccupazione giovanile, dall'altro maggiori passi avanti per avvicinare le istituzioni europee ai cittadini. Senza dimenticare la «necessità assoluta di ridurre il nostro debito» pubblico, un «fardello» da ridurre «non perché ce l'ha chiesto l'Europa ma perché è un dovere verso i giovani».
Ridurre debito non per Ue ma per nostri figli
«Se si pensa che oggi 80 miliardi di euro in un anno vanno pagati per gli interessi sui titoli del debito, possiamo lasciare questo fardello sulle spalle dei giovani? Quando si parla di necessità assoluta di ridurre il debito pubblico in Italia, non si dice abbastanza che lo si deve fare non perché ce l'ha chiesto l'Europa ma perché è un dovere verso i giovani. Quando diciamo che dobbiamo sbarazzarci di questo fardello pensiamo soprattutto a loro», sottolinea Napolitano.
Euroscettici in Ue? Non si torna indietro
Quanto alle elezioni europee del 25 maggio e al timore di un forte successo dei partiti euroscettici, il capo dello Stato non sembra troppo impensierito, perché il cammino di integrazione è ormai tracciato. «Il timore è che se si avessero forti rappresentanze euroscettiche nel Parlamento diventerebbe più faticoso il cammino (di integrazione, ndr)» ammette Napolitano. Ma aggiunge: «Io non credo ad un'Europa che torni indietro anche con tutti coloro che arrivassero da euroscettici al Parlamento europeo». E ancora : «Ormai quello che si è costruito nei rapporti tra le società, tra le economie, tra le culture e anche tra i sistemi giuridici non può essere distrutto nemmeno da parte di chi lo voglia accanitamente». Anche perché «quello che è stato scritto nei nostri trattati, il modello vero e proprio che è stato siglato, quello di una economia sociale di mercato, che significa combinare dinamismo economico, produttività, competitività dell'economia con diritti sociali, è qualcosa di irrinunciabile per l'Europa».
Ue lenta nel reagire alla crisi
Napolitano ricorda i meriti dell'integrazione europea («talvolta si ha l'impressione che l'Europa per molti rappresenti soltanto la politica di austerità degli ultimi cinque anni. Ma l'Europa è nata sessanta anni fa ed è servita in primo luogo a garantire una pace che era stata brutalmente strappata due volte nel corso del Novecento») , ma ammette le responsabilità delle istituzioni Ue di fronte alla crisi economica degli ultimi anni. «C'è delusione - dice Napolitano - perché di fronte a una crisi di cui non c'erano precedenti nel mondo da molti decenni, l'Ue ha reagito tardi, ha reagito tra molte difficoltà e in modo anche discutibile».
Necessario rapporto più diretto istituzioni Ue con i cittadini
L'altro motivo alla base della delusione che serpeggia sta nello scollamento tra istituzioni e cittadini. «Le Istituzioni dell'Unione non sono riuscite - spiega Napolitano - a stabilire un rapporto più diretto con i cittadini innanzitutto in termini di informazione, di comunicazione come base di un coinvolgimento, del sentirsi in qualche modo partecipi delle decisioni e delle scelte che venivano fatte».
La prospettiva di un Presidente europeo eletto a suffragio universale
L'elezione a suffragio universale del Presidente del Consiglio europeo, in un'ottica di avvicinamento dei cittadini all'Europa, per Napolitano «è una prospettiva da tenere aperta». Per il momento, ricorda il capo dello Stato «si fa, proprio ora in queste elezioni, un grosso passo in avanti con la designazione da parte dei partiti europei dei propri candidati al ruolo di Presidente della Commissione europea». Quanto al presidente del Consiglio europeo «si è arrivati già da alcuni anni» ad averne uno «stabile per due anni e mezzo e che può arrivare fino a cinque anni». Ma sarebbe più incisivo «un Presidente eletto dai cittadini o anche un Presidente il cui nome scaturisca dai risultati delle elezioni europee».
La priorità della lotta alla disoccupazione giovanile
La priorità in Europa resta l'uscita dalla pesante recessione di questi anni e l'impegno a contrastare la disoccupazione, soprattutto giovanile. Quello dei giovani «è un problema che dovrebbe essere posto in primissimo piano non soltanto a parole», dice Napolitano. «Abbiamo avuto di recente iniziative non risolutive ma interessanti - ricorda il capo dello Stato - da parte delle istituzioni europee come la cosiddetta "garanzia per i giovani", cioè un programma per offrire lavoro, per offrire opportunità di lavoro ai giovani quando siano al termine del loro ciclo formativo». Ai giovani, però, bisogna non solo «aprire delle prospettive di realizzazione e di lavoro», ma anche «garantire che non debbano continuare a pagare per il debito che hanno contratto le generazioni più anziane».
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