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Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2014 alle ore 00:15.
L'ultima modifica è del 26 maggio 2014 alle ore 07:58.

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Nigel Farage (Epa)Nigel Farage (Epa)

Se c'è stato il terremoto Marine in Francia dall'altra parte della Manica si è abbattuto sulla politica nazionale e il governo conservatore Cameron il ciclone Nigel.

Nigel di cognome fa Farage, è il leader del partito euroscettico britannico Ukip, primo nelle elezioni europee nel Regno Unito, con una vittoria storica evidente già dai primi risultati nella maratona elettorale proseguita nella notte. Il trionfo sperato da Farage, temuto da tutti gli altri, è stato preannunciato dalle ammissioni dei contendenti, uno dopo l'altro a concedere la vittoria ancora prima che i risultati fossero ufficialmente noti. «L'Ukip va verso la vittoria». Poi la valanga è discesa sulla politica britannica circoscrizione dopo circoscrizione, regione dopo regione. La formazione di Farage ha preso il 28% dei voti, il Labour il 25 %, i conservatori 24%, i verdi 8% e i Liberal Democratici 7%.

La notizia però è doppia, perché se la cavalcata euroscettica di Farage era in qualche modo prevedibile, la lotta all'ultimo voto era attesa con i laburisti. Se invece a risultati ultimati la proporzione non cambierà (all'appello manca ancora l'incognita Londra e la Scozia), il testa a testa è per il secondo posto e tra laburisti e conservatori, entrambi intorno al 24%. Svanite quindi le speranze per Ed Miliband di 'prendere fiatò dal voto europeo per ripartire verso le politiche del 2015, tirano un sospiro di sollievo i conservatori per i quali si era paventato un umiliante terzo posto.

I Tory possono così rilanciare verso i partner europei la protesta raccolta in casa. Secondo il presidente del partito Tory Grant Shapps si tratta di un "messaggio chiaro per l'elite europea, la gente vuole cambiamento". William Hague, ministro degli Esteri, sottolinea che la scelta dei britannici alle urne mostra "malcontento, disillusione, profonda insoddisfazione" a cui i conservatori, dice, intendono "rispondere chiaramente", che "il rapporto con l'Europa va modificato" verso "un cambiamento vero" fino al referendum che, ricorda, "ci sarà". Quindi l'appello: «È importante che le istituzioni europee raccolgano il messaggio che il cambiamento è necessario per tutti. E questo è quello che noi vogliamo».

Si materializza invece il tracollo annunciato per i liberaldemocratici di Nick Clegg: scivolano al quinto posto dopo i Verdi che da uno passano a due europarlamentari. Loro invece, il Libdem partito del vicepremier Nick Clegg di fatto unico europeista entusiasta e dichiarato, conquistano solamente uno dei 73 seggi britannici all'europarlamento. Per contro scompare il British National Party di Nick Griffith. Il suo estremismo evidentemente non attrae più e per dire no all'Europa forse adesso basta l'Ukip. Il "terremoto" quindi: «Mai prima nella politica britannica un partito come il nostro è stato in testa» dice Nigel Farage. Ed è vero. La protesta degli euroscettici ha attecchito nel voto europeo ancora più che per le elezioni amministrative con le quali l'Ukip aveva già segnato la sua avanzata.

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