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Questo articolo è stato pubblicato il 24 giugno 2014 alle ore 22:19.
L'ultima modifica è del 24 giugno 2014 alle ore 22:39.

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(Reuters)(Reuters)

dal 54° - Parolo: 5
Parte bene e ti viene da pensare che Prandelli abbia azzeccato la mossa che spariglia, tanto più perché a sorpresa. Un paio di belle giocate con Verratti e De Sciglio fanno ben sperare. Poi l'espulsione di Marchisio cambia le carte in tavola e lo costringe a compiti di copertura che non sono nelle sue corde. Arriva spesso esausto ai limiti dell'area avversaria

Immobile: 5
Il destino vuole che sia uno dei suoi marcatori, l'autore del gol vittoria uruguagio. Ma non è certo per questo che si merita l'insufficienza. Godin lo sovrasta quasi sempre e si nota. A sua giustificazione i pochi palloni che gli sono arrivati, quasi sempre impossibili da lavorare. È evidente che è un pesce fuor d'acqua senza il compagno Cerci con il quale sa come muoversi e trovare spazi. Esce azzoppato e senza forze

dal 71° - Cassano: s.v.
Non è il salvatore della patria, ma un suo ripetuto scambio ai limiti dell'area con Thiago Motta nell'assalto finale poteva cambiare le sorti di un incontro maledetto. Sliding door, porte che si aprono o si chiudono e mutano in un soffio il destino. Ha avuto l'opportunità sul finire di carriera, quando il bad boy s'è trasformato in un signore paziente. Gli è andata male, come nelle precedenti occasioni.

Allenatore Prandelli: 4
Chi l'avrebbe mai detto dopo la partita contro l'Inghilterra? Il mister che pareva avviato a guidare per anni la Nazionale, che aveva fatto sapere di aver rinnovato il contratto, che aveva dato a tratti l'impressione contro gli inglesi di avere tra le mani una bella Nazionale, lascia. Pochi minuti dopo la sconfitta contro la Celeste annuncia le proprie dimissioni irrevocabili con parole secche inappellabili: «Sono io il responsabile» e trascina con sé anche Abete in questo incredibile autodafé tricolore. Un'Italia inguardabile, va detto, lenta e macchinosa, entro una partita tra le più brutte a memoria d'uomo, lascia l'avventura brasiliana com'era capitato a Lippi nel 2010, con la differenza che il mister toscano aveva vinto un Mondiale quattro anni prima. Prandelli se ne va dopo aver promesso un calcio più offensivo e meno speculativo con il quale aveva guadagnato, è bene non dimenticarlo, una finale europea contro l'immensa Spagna d'allora. I conti vanno fatti tenendo dunque conto di ogni aspetto, sennò è caccia all'untore. Resta il fatto che nell'ultimo incontro ha mutato il modulo che più lo convince per una difesa a tre e folto centrocampo che hanno frenato la spinta sulle fasce. Si è snaturato: lì è mancato il gioco che si era dimostrato vincente. Giusto e dimostrazione di grande senso di responsabilità che il mister lasci. Attenzione però: non c'è nessun mago che possa elevare il livello tecnico della nostra scuola. Il campionato purtroppo ha detto il vero. Poi ognuno è libero di ingannarsi e credere che con altri si poteva fare meglio. L'Italia calcistica deve ripartire, da zero, con una vera scuola che faccia da levatrice di campioni futuri. All'orizzonte per ora solo la densa umidità d'un afoso pomeriggio brasiliano.

Uruguay (4-3-1-2)
Si trattava di vincere e di lottare e l'Uruguay del maestro Tabarez ha vinto e lottato rincorrendo l'avversario e morsicandolo (leggi Suarez) non solo metaforicamente. Al diavolo il bel gioco, anche se in taluni momenti era difficile capire che si stava giocando un incontro di football. L'uomo cacciato dall'Italia ha consumato la sua vendetta contro gli azzurri. Undici combattenti che mettono cuore e orgoglio, anche se con un gioco così è difficile che la Celeste possa superare lo scoglio degli ottavi. Veri e propri mastini in campo hanno braccato letteralmente gli italiani e alla fine hanno dimostrato d'avere più fiato e il gol, sia pure con l'aiuto della dea Eupalla, è arrivato. Il migliore? Cavani, un esempio di dedizione e abnegazione, l'uomo ovunque. Con lui da elogiare in blocco il centrocampo. La palma del migliore a Godin e non solo per la rete decisiva. Suarez non ha giocato certo male, ma si è mostrato troppo impegnato in un corpo a corpo con Chiellini. E' un grande giocatore e perciò non gli si può perdonare un contropiede che si è divorato per puro egoismo. Pessima la direzione dell'arbitro messicano Rodriguez (4) che ha ignorato un fallo da rigore in area italiana, ha chiuso gli occhi sul morso di Suarez e ha espulso con una decisione cervellotica Marchisio. Ma siamo sinceri: torniamo a casa non per colpa sua.

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