Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2014 alle ore 10:27.
L'ultima modifica è del 02 luglio 2014 alle ore 10:43.

My24
(Lapresse)(Lapresse)

In Brasile i fuoriclasse si sono riappropriati del calcio: finalmente. Dopo anni passati a discutere di 4-4-2, di 3-5-2, di 4-3-2-1 e altre amenità simili, ci stiamo accorgendo che in un Mondiale la vera differenza sul campo da gioco la fanno i campioni. Tutto il resto è solo aria data ai polmoni.

Nei quarti di finale si scontreranno Brasile-Colombia, Germania-Francia, Olanda-Costa Rica e Argentina-Belgio: se togliamo la vera sorpresa di questo gruppo, la Costa Rica, in ognuna delle altre squadre gioca almeno un fuoriclasse. E in cinque di queste il modulo di gioco semplicemente non esiste, sostituito da un imperativo: mettere il fuoriclasse nelle condizioni migliori per fare la differenza.

Il Brasile padrone di casa pratica un non gioco che ha Neymar al centro. Lo schema è semplicissimo: portare la palla nella metà campo avversaria e fare tutto il possibile per creare spazio attorno a lui. Per questo motivo i vari Fred e Hulk girano al largo, per questo si trovano raramente nelle condizioni per attaccare direttamente la porta avversaria: l'opzione numero uno è palla a Neymar, con abbastanza spazio intorno per farlo giocare uno contro uno evitando i raddoppi che, a difesa schierata contro un modulo di attacco tradizionale, finirebbero con il limitarne le potenzialità. Il rischio, per i verdeoro, è che se viene fermato Neyamar non esistono soluzioni alternative.

L'Argentina, in crescita dopo la fase a gironi, segue esattamente la stessa impostazione: solo che di fuoriclasse ne ha almeno due, Messi e Di Maria. Il secondo, a dire il vero, si è svegliato solo negli ottavi di finale, ma in un Mondiale le partite a eliminazione diretta sono quelle che contano davvero. L'allenatore della Nazionale albiceleste ha rinunciato a qualsiasi elucubrazione tattica per mettere Messi e Di Maria al centro dell'attenzione: a loro, una volta ricevuta la palla, spetta il compito di giocare l'uno contro uno decisivo. Finora hanno fatto la differenza.

Se Brasile e Argentina sono le due punte di diamante dello «schema fuoriclasse», vediamo che anche l'Olanda con Robben, la Francia con Benzema e la Colombia con James Rodríguez hanno un sistema di gioco indirizzato a mettere i propri fuoriclasse nelle condizioni per rendere al meglio. Con qualche movimento di squadra in più, rispetto alle due sudamericane, ma sempre senza un modulo rigido e destinato a prevalere sulla qualità dei singoli. Gli olandesi e i francesi, come l'Argentina, hanno inoltre il vantaggio di poter schierare almeno un secondo top player (Van Persie e Pogba) per complicare la vita degli avversari. Dico almeno un secondo perchè tra gli arancioni un certo Sneijder sta dando segnali importanti di un ritorno ai livelli del 2010, quando vinse la Champions con l'Inter.

Ovvio che i fuoriclasse da soli, se sono circondati dal vuoto pneumatico come Cristiano Ronaldo nel Portogallo oppure Ibrahimovic nella Svezia (che non si è nemmeno qualificata per il Brasile) possono fare ben poco: Ronaldo ha anche l'attenuante di essere arrivato fuori forma e reduce da un infortunio mai risolto. Ma quando i campioni trovano un contorno accettabile più che la ciliegina sulla torta sono gran parte della torta stessa.

Emerge chiara, in questa situazione, l'enorme differenza che c'è tra squadre di club e Nazionali: nel primo caso i moduli e le tattiche hanno un senso perché gli allenatori hanno il tempo per provare e riprovare le diverse fasi di gioco, apportare le modiche e testarle in allenamento, far digerire a tutti i giocatori movimenti e automatismi.

In Nazionale non può essere così e infatti, nella storia della Coppa del mondo, non ha mai vinto chi aveva il modulo di gioco migliore, ma chi aveva più campioni da mettere in campo: ogni volta che qualcuno si è abbandonato alla supremazia degli schemi di gioco ha finito per perdere. Al Mondiale, in quasi cent'anni, ci sono state pochissime sorprese: mi vengono in mente la Germania nel 1954, con il famoso «miracolo di Berna» nel quale a distanza di 60 anni non abbiamo ancora capito il ruolo del presunto doping tedesco ai danni della grande Ungheria; e l'Inghilterra nel 1966 in un torneo strano per molti versi, arbitraggi inclusi. La stessa «sorpresa delle sorprese», la sconfitta del Brasile al Maracanà nel 1950, è stata figlia delle giocate di due fuoriclasse assoluti come Ghiggia e Schiaffino.

Il Mondiale brasiliano è uno dei più belli di sempre, forse il più bello in assoluto: agli ottavi cinque partite su otto sono andate ai supplementari, tutte le grandi hanno seriamente rischiato di perdere contro avversari che sembravano destinati a una sconfitta senza discussione. Il Brasile ha visto il fantasma dell'eliminazione sulla traversa di Pinilla all'ultimo minuto del supplementare, l'Argentina ha ringraziato gli dei del calcio per il palo colpito dalla Svizzera che avrebbe pareggiato il conto e costretto Messi e compagni ai rigori. Nessuno ha vinto tranquillamente, nemmeno la Francia che ha faticato più di quanto dica il 2-0 finale a piegare la resistenza della Nigeria.

Tutte le partite degli ottavi sono state belle, qualcuna bellissima. Perchè siamo entrati nel regno dei fuoriclasse, della sfida diretta uomo contro uomo senza gli equilibri tattici che nelle competizioni di club generano spesso partite straordinarie per chi capisce di teoria calcistica, ma inguardabili per i tifosi. Siamo entrati nel regno di Messi e Neymar, di Robben e Benzema, di James Rodrìguez: di chi, del 4-4-2 o del 3-5-2, non gli importa nulla. Palla, piedi, testa e cuore: le quattro armi del fuoriclasse. Per fortuna che in questo Mondiale ci sono allenatori che l'hanno capito e hanno lasciato il genio libero di esprimersi. Per i moduli ci sarà tempo dopo, da settembre: quando torneremo a credere che a fare la differenza sia uno schema.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi

301 Moved Permanently

Moved Permanently

The document has moved here.