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Questo articolo è stato pubblicato il 07 luglio 2014 alle ore 09:17.
L'ultima modifica è del 07 luglio 2014 alle ore 10:51.

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Non è un pronostico, ma una constatazione. Le due Nazionali europee arrivate alla semifinale del Mondiale sono in condizioni globali migliori delle loro rivali sudamericane, Brasile e Argentina. Lo sono per disponibilità di uomini, condizioni atletiche e quantità di soluzioni tattiche a disposizione degli allenatori. Detto questo potrebbero anche perdere entrambe perchè in una semifinale mondiale non c'è nulla di certo, ma mai come in questo caso l'indicatore delle possibilità punta verso il Vecchio Continente.

Di fronte si troveranno non solo due scuole calcistiche completamente diverse, ma anche due squadre destinate a confermare, o a sfatare per la prima volta, la regola che vuole le europee sempre sconfitte nei Mondiali sudamericani.

Punto primo, la disponibilità di uomini: al Brasile mancherà Neymar, ovvero l'uomo sul quale Scolari ha impostato il gioco in modo pressochè totale. Il Brasile ha giocato tutte le partite con un solo obiettivo, dare la palla a Neymar. Al punto da sacrificare gli altri attaccanti constringendoli a girare al largo con il solo compito di lasciare spazio a «O'Ney» per l'uno contro uno. Uno «schema non schema» che improvvisamente dovrà essere abbandonato. E altrettanto improvvisamente i brasliani dovranno ricominciare a giocare come una squadra, cosa che finora hanno evitato di fare. A completare i problemi verdeoro ci sarà l'assenza di Thiago Silva: il miglior difensore del mondo, e abbiamo detto tutto.

All'Argentina, che ha fin qui adottato un'impostazione simile a quella del Brasile (palla a Messi e pedalare) mancherà invece Di Maria: un'assenza che potrebbe pesare più di quanto si creda. Proprio Di Maria è stato finora l'alter ego di Messi, il giocatore su cui appoggiare la palla e il gioco quando il grande Leo veniva imbottigliato dai difensori avversari. Vero che strada facendo i sudamericani hanno ritrovato Higuain, ma Di Maria garantiva un preziosissimo lavoro di raccordo a centrocampo che Higuain, per caratteristiche e posizione, non può assicurare.

Germania e Olanda, a differenza delle loro rivali, arrivano alle semifinali a ranghi compatti: gli arancioni con i loro fuoriclasse, Robben e Van Persie, ai quali è stato spesso affidato lo stesso compito di Messi e Neymar: palla a loro, e succeda quel che deve succedere. Ma spesso non significa sempre, e infatti è proprio la varietà del gioco olandese ad aver impressionato e fatto la differenza. I tedeschi, senza un fuoriclasse assoluto sul quale scommettere a occhi chiusi, hanno finora basato il gioco sulla coralità dell'azione badando più alla concretezza che allo spettacolo. Continueranno così anche contro il Brasile.

Punto due, la condizione atletica: chi ha speso molto fin dalla prima fase si ritrova improvvisamente con le pile scariche. E il brutto è che non ci sono segnali premonitori: il cedimento arriva improvviso, come una sentenza. È accaduto alla Francia, è accaduto al Belgio. Delle quattro Nazionali ancora in corsa quella che finora ha speso di più è il Brasile: in competizioni brevi e intense come un Mondiale non conta quanto corri, ma come lo fai. Il Brasile lo ha fatto male, con i giocatori in costante movimento insieme al pallone e spesso impegnati in recuperi difensivi all'ultimo secondo. L'Olanda invece ha dato la sensazione di correre molto, ma in realtà ha corso bene: le folate offensive hanno avuto un'altissima percentuale di realizzazione e i giocatori non si sono persi in inutili movimenti per spostare la palla da un lato all'altro del campo. Van Gaal ha finora utilizzato 21 giocatori, uno dei due che non sono mai scesi in campo è il terzo portiere. Le gambe dovrebbero essere ancora fresche. La Germania può essere assimilata agli arancioni: ha ottenuto il massimo risultato con il minimo sforzo, con una buona rotazione degli uomini anche senza raggiungere le vette toccate da Van Gaal.

L'Argentina, dal punto di vista atletico, è forse il peggiori cliente che l'Olanda potesse incontrare: di fatto non ha mai corso per davvero, ha seguito la regola di far girare la palla più velocemente degli uomini e dovrebbe per questo avere riserve di fiato alle quali attingere. Insomma, ha praticato un gioco molto simile a quello che ci eravamo illusi potesse fare la Nazionale italiana, che invece è crollata proprio a causa di una preparazione atletica completamente sbagliata.

Punto tre, la varietà di soluzioni tattiche: anche qui le due europee hanno qualche carta in più da giocare. L'Argentina è stata finora Messi (e Di Maria) dipendente, non ha un'alternativa a questa impostazione o, perlomeno, fino a questo momento non ha mostrato di averla. Potrà giocare allo stesso modo anche in semifinale, ma se la difesa olandese riuscisse a bloccare il suo fuoriclasse numero uno l'Albiceleste potrebbe andare in grande difficoltà. Il Brasile è stato Neymar dipendente, e Neymar non ci sarà. Ed è stato anche Thiago Silva dipendente in difesa, e Thiago Silva non ci sarà. Vedremo contro la Germania se Scolari ha previsto un «piano B» e, soprattutto, se i suoi uomini sono in grado di metterlo in pratica. L'assenza di un fuoriclasse come Neymar in genere pone le squadre davanti a un bivio: o si perdono e naufragano, perchè non riescono a trovare alternative, oppure trovano forze nascoste e giocano anche meglio di quanto facessero con la propria stella in campo. Come reagirà il Brasile lo scopriremo solo sul campo.

L'Olanda per lunghi tratti ha seguito la stessa impostazione delle sudamericane, ma come già detto non lo ha fatto in modo esclusivo. Robben e Van Persie sono i terminali di un gioco che punta a dar loro palla, ma possono improvvisamente trasformarsi in appoggi preziosi per i compagni. È un'Olanda strana, molto diversa da quelle del passato e forse proprio per questo più pericolosa. Quando prende il pallone non sai mai da che parte colpirà.

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