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Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2014 alle ore 15:22.
L'ultima modifica è del 10 luglio 2014 alle ore 16:16.

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Campagnaro, Alvarez, Palacio, Biglia, Higuain, Fernandez e Andujar da una parte. Klose e Mustafi dall'altra. C'è tanta Serie A nella finale della Coppa del mondo che andrà in scena domenica sera nella meravigliosa cornice del Maracanà di Rio de Janeiro. Nove giocatori su 46 se si considera l'ultimo prefisso dichiarato dai protagonisti di Germania e Argentina prima del grande valzer del calciomercato. Dietro soltanto alla Bundesliga tedesca, che con 16 giocatori popola in lungo e in largo il ritiro della Nazionale guidata da Joachim Löw. Ma più della Premier League inglese (7), della Liga spagnola (5), della Primeira Liga portoghese (3), della Primera División argentina (3) e di una delle sue indirette declinazioni, la Primera División messicana, che vanta sulla linea di partenza un solo corridore, tal José Basanta, anni 30, difensore del Monterey segnalato sulla rotta per Firenze, porto viola. Dicono che la Serie A non sia un torneo "allenante" (Fabio Capello dixit) e che gli stranieri che vi abitano siano spesso poco più che comparse del pallone internazionale. Numeri alla mano, i conti dicono che, tranne qualche eccezione di tutto rispetto, le cose stanno proprio così.

Sì, perché va bene il diritto di firma, ma è sempre il campo a dividere le stelle dalle stelline, il prodigio dall'avventura. Misurando i tabellini del torneo con il termometro della realtà, si scopre con una punta di amarezza che nessuno dei 9 "italiani" di cui sopra ha iniziato il mondiale con i galloni da titolare. Nessuno, nemmeno Gonzalo Higuain, la pepita che dalla scorsa stagione delizia e fa sognare il pubblico di Napoli. L'ex attaccante del Real Madrid si è presentato al torneo nel secondo tempo della partita contro la Bosnia, gara 1 della fase a gironi. Non era un intoccabile, tutt'altro. Con Aguero a coprire le spalle di Messi e la coppia di incursori Di Maria-Rodriguez a macinare chilometri sulle fasce, il c.t. Sabella aveva esaurito le sue cartucce di fantasia e di offesa. Tutti in difesa e palla al genio della lampada, poi si vedrà, l'intendimento ultraconservatore che ha preso forma e slancio nello spogliatoio. Un progetto che si è trasformato col passare dei giorni e delle partite in un abbozzo di battaglia per ragioni di infermeria, complici gli acciacchi delle guardie presidenziali Di Maria e Aguero. Con loro fuori dei giochi, Higuain è tornato utile, quasi indispensabile. Da poster il suo gol risolutore contro il Belgio nei quarti. Napoli lo aspetta. E spera.

Higuain: 6 partite, 493 minuti giocati, 1 gol. Segue l'altro azzurro Federico Fernandez, cui Rafa Benitez ha consegnato le chiavi della difesa partenopea: per lui, 4 partite, 390 minuti giocati e 2 tackle vinti. Contro l'Olanda è rimasto in panchina come alternativa non spesa di De Michelis e Garay. Se non è una bocciatura, è almeno un rinvio. Quindi, il vuoto, o quasi. Il laziale Lucas Biglia occupa il terzo posto nella speciale classifica che mette in fila i giocatori più utilizzati da entrambe le rappresentative. Vero, anch'egli ha dato un morso a tutte e 6 le gare fin qui disputate dall'Argentina, ma il suo è stato un assaggio frettoloso e nulla più. Lo dimostrano i 229 minuti che ha raccolto nel taschino. Miroslav Klose? Il nuovo capocannoniere della storia dei mondiali è un'intuizione dell'ultima ora di Löw, che aveva bisogno di un apriscatole con la virtù del bomber. Decisivo contro il Ghana (suo il gol del pareggio tedesco), è stato la seconda freccia nel cuore dei brasiliani nella semifinale pazza al Mineirao. Unico centravanti di ruolo della Germania, è stato fin qui centellinato con l'accortezza del vino nobile: 192 minuti in 4 partite. L'età non impone, suggerisce.

Chiudono la carovana del tricolore, due allegre comparse e tre mirabili sognatori. Per Shkodran Mustafi è stato un inatteso trionfo fino al minuto 25 del secondo tempo di Germania-Algeria, storia degli ottavi di finale. Non doveva nemmeno andarci in Brasile, poi il crac di Reus ha rimescolato le carte e gli ha offerto una straordinaria chance che sul più bello è andata però a sbattere con il destino. Lesione muscolare al bicipite femorale sinistro, questo il verdetto del kappaò. Il neroazzurro Rodrigo Palacio sapeva invece quale sarebbe stato il suo compito sui campi brasiliani: entrare per risolvere o, nel caso, mantenere. Poco di più, nulla di meno. Fin qui, ha giocato scampoli di partita, ma potrebbe essere l'eroe del Maracanà e allora, altro che numeri e spettanze. Solo lacrime invece per Campagnaro, Alvarez e Andujar. Di loro al mondiale brasiliano resteranno briciole di memoria e poco altro. Certo, si dovesse aprire la porta del racconto ai protagonisti per contratto e non soltanto per maglia si dovrebbe considerare nell'elenco, probabilmente appena sotto Higuain, il re di San Paolo, ovvero Sergio Romero, pararigori dell'Albiceleste nel duello da dentro o fuori con l'Olanda. Tuttavia, il portiere di proprietà della Sampdoria difficilmente tornerà a dire la sua nella Serie A dopo la parentesi in prestito al Monaco. Non piace e non convince al nuovo proprietario blucerchiato Massimo Ferrero, che non vede l'ora di venderlo al miglior offerente. L'Italia del Maracanà è tutta qui: nell'attesa dello champagne, si brinda con il Lambrusco.

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