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Questo articolo è stato pubblicato il 25 marzo 2011 alle ore 21:36.

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S'infuocano i toni e si va verso lo scontro frontale, tra i protagonisti di una vicenda processuale seguita con molta attenzione da utenti internet e addetti ai lavori nelle scorse ore. Yahoo! infatti ha appena annunciato che si opporrà all'ordinanza (presenterà reclamo) che la costringe a rimuovere, dal proprio motore di ricerca, i risultati non ufficiali relativi al film About Elly.

Quella del Tribunale di Roma è una decisione che "riguarda la responsabilità legale diretta per i risultati delle ricerche online e ha forti conseguenze restrittive sulla libertà di espressione", scrive Yahoo! Italia. Di contro, alza i toni anche Pfa, l'azienda che distribuisce il film: annuncia che la prossima settimana avvierà l'azione di merito per chiedere i danni, che stima in circa un milione di euro. Intanto, è ormai disponibile il testo integrale dell'ordinanza. Il testo conferma i punti cardine della vicenda: il giudice ha deciso in tal senso perché Yahoo!, pur essendo messo al corrente della presenza di link a pagine dove era possibile scaricare o vedere illegalmente il film, non li ha rimossi. Così il Tribunale ha considerato Yahoo! facilitatore della violazione di copyright.

Adesso si apprende la versione di Yahoo!, che non ha rimosso i link perché "il pretendente non ha fornito indicazione del nome o dell'URL dei siti illegali, nonostante un'ingiunzione in merito".

E' un passaggio importante. Se un motore di ricerca viene costretto, genericamente, a rimuovere link a pagine illegali, senza indicargli quali, è come chiedergli di monitorare il contenuto di terze parti sul web. Ben diverso è se gli si chiede di eliminare specifici link (secondo il sistema del notice and take down), come avviene abitualmente negli Stati Uniti: non c'è in quel caso un monitoraggio preventivo, ma una mera esecuzione.

Il monitoraggio, necessario se l'ordine di rimozione è generico e non preciso, "non solo è in contrasto con la legge esistente e i principi riportati nella direttiva sull'e-commerce, ma può addirittura portare a gravi conseguenze restrittive sulla libera espressione in internet". Il motivo è che viene caricato sui motori di ricerca, in questo modo, un inedito principio di responsabilità per i contenuti di terze parti. Un motore, per evitare le conseguenze negative di questa responsabilità, potrebbe essere costretto a intervenire pesantemente sui propri risultati. Si noti del resto che non sempre è immediato capire quali risultati portano a contenuti illegali e quali no; anche per questo motivo la richiesta di Pfa doveva essere più circonstanziata e il giudice ha sbagliato ad accoglierla, secondo numerosi giuristi che in queste stanno prendendo le parti di Yahoo! (tra gli altri, Daniele Minotti, Guido Scorza, Fulvio Sarzana, Andrea Monti).

«Il ricorrente avrebbe preteso un ruolo attivo del motore di ricerca nell'eliminare tutti i link illeciti onerando lo stesso motore di questa ricerca, il che ovviamente è del tutto impossibile oltreché pericoloso», dice Sarzana «In tal modo il motore diverrebbe, tra le altre conseguenze, a tutti gli effetti parte della vicenda. E ne potrebbe in seguito risponderne a titolo di concorso, come infatti prevedrebbero negli Stati uniti le disposizioni contenute nel Digital Millenium Copyright Act». Secondo Sarzana, l'ordinanza del giudice introdurrebbe quindi nel nostro ordinamento «una forma di "notice and take" down generico che non può trovare riconoscimento in questa forma e con le norme attualmente in vigore».

Secondo molti esperti, quindi, Yahoo! ha buone possibilità di vittoria con il reclamo. La vicenda è però destinata ad allargarsi, nelle intenzioni di Pfa, che aveva citato non solo Yahoo! ma anche Microsoft Italia e Google Italia. Questi due hanno evitato l'ordinanza di ingiunzione perché il giudice ha rilevato che le due filiali italiane non controllano i rispettivi motori di ricerca (esclusivamente gestiti dagli Usa). Secondo i legali di Pfa, la citazione di Microsoft e Google non è un errore ma riflette "una precisa economia processuale per portare allo scoperto anche questi signori quando dovessero compiere degli illeciti". C'è aria di battaglia, insomma. Intorno al diritto d'autore e a quello di espressione su internet.

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