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Questo articolo è stato pubblicato il 20 aprile 2011 alle ore 13:00.

Televisori, le vittime eccellenti di un mercato che parla solo asiaticoTelevisori, le vittime eccellenti di un mercato che parla solo asiatico

La decisione di Philips di cedere alla TPV Technology di Hong Kong il 70% della divisione dei televisori – alla casa olandese rimane il 30% degli asset, l'uso del marchio e la certezza di 50 milioni di euro di royalty l'anno a partire dal 2013 – non deve sorprendere più di tanto. Per la casa di Eindhoven il business delle Tv è improduttivo da qualche anno (solo negli ultimi due trimestri le perdite hanno superato i 200 milioni di euro), gli azionisti da tempo scalpitavano chiedendo azioni correttive ed ecco che il neo presidente e Ceo Frans van Houten (insediato da meno di un mese) ha preso la palla al balzo tagliando "il ramo secco". Che poi lo stesso numero uno abbia parlato di una "partnership che consentirà un ritorno alla redditività per il business delle televisioni, permettendoci di concentrarci maggiormente sulle nostre divisioni dedicate alla salute e al benessere" fa parte del gioco. Ma la sostanza non cambia.

L'estrema concorrenza di un mercato che anche nel biennio della crisi 2008-2009 ha goduto di buona salute e che nel 2010 ha conosciuto un vero e proprio boom quasi ovunque nel mondo (oltre 62 milioni il consuntivo degli apparecchi Lcd venduti nella sola Europa rispetto ai 54 dell'anno prima) ha quindi fatto l'ennesima vittima. Ed è una vittima occidentale. Il pallino di questo settore è del resto da tempo nelle mani dei produttori asiatici. Samsung, Sony, Lg Electronics, Panasonic e Sharp – i primi cinque marchi del ranking delle vendite su scala mondiale nell'ultimo trimestre dell'anno scorso – si spartiscono una fetta che oscilla fra il 60 e il 70% della domanda e sono anche lo zoccolo duro (unitamente a qualche altro produttore nipponico come Toshiba e Nec e alle macchine da guerra cinesi e taiwanesi) nel campo dei pannelli a cristalli liquidi. Se più di una volta si è parlato di un vero e proprio cartello che gestisce le regole di mercato del componente chiave per i televisori (i pannelli per l'appunto) un motivo ci sarà e di questo cartello non fa parte nessuna azienda occidentale. Proprio Philips aveva costituito anni fa la joint venture con Lg per produrre a volumi i display Lcd (in Europa le fabbriche erano in Polonia) ma poi è progressivamente uscita da questo business, vendendo le sue ultime quote nel 2009.

Quanto avvenuto nel mercato italiano è sintomatico per capire come, nell'arco degli ultimi 10-15 anni, l'industria dei televisori abbia cambiato faccia. E padroni. Fino alla metà degli anni '90 a dominare le vendite erano aziende storiche di questo settore come Philips (e il sottomarchio Phonola) e Thomson (con Telefunken, Saba e Normende), realtà locali di grande e grandissimo spessore come Seleco e Mivar. Sony andava a incontrare le preferenze dell'utenza d'elite, altri marchi di una certa levatura, vedi per esempio Synudine, Pioneer o Grundig, abbellivano i salotti con i mastodontici 32 o 37 pollici a tubo catodico.

In Italia a inizio anni '90 c'erano una decina di produttori di piccole e medie dimensioni (fra cui Imperial, Industrie Formenti con il marchio Westinghouse, Ultravox ed Elcit Radio Marelli): oggi sono chiuse tutte, al pari della fabbrica Philips di Monza, che sfornava 600mila televisori l'anno, mentre quella della Mivar lavora a scarto ridottissimo dopo la gloria degli anni d'oro dei formati da 14 e 20 pollici venduti nei supermercati. Chi, infine, guardava al design poteva scegliere fra lo stile Brionvega, l'avanguardia di Bang&Olufsen o le linee essenziali ed eleganti di Loewe. Delle tre è rimasta di fatto in campo solo l'ultima. Da qualche anno questo mercato lo comanda (anzi lo domina) Samsung, fatta eccezione per gli Stati Uniti. A livello mondiale il chaebol coreano si prende circa un quarto delle vendite, e alle sue spalle battagliano (con una market share più che dimezzata) l'altra coreana Lg e la stessa Sony, costretta suo malgrado ad accettare la battaglia dei prezzi e dei pacchetti promozione. Con tutte le conseguenze del caso sui bilanci.

La sfida per tutti è quella di fare margini ed è una sfida che pochi, forse pochissimi, possono vincere, puntando magari sull'effetto 3D. Le Tv rimangono un pezzo forte dell'industria della consumer electronics ma i modelli che garantiscono maggiori guadagni (quelli 3D per esempio) non costituiscono il mass market. Il quadro d'insieme è il seguente. Quest'anno nel mondo si venderanno (dati Gfk) 250 milioni di televisori e di questi 206 milioni saranno a tecnologia Lcd e Led, 17 milioni i plasma e circa 27 milioni gli apparecchi a tubo catodico. La quota delle TV 3D è in forte crescita ma si ferma a circa 12 milioni di pezzi. Una nicchia. Che non basterà di certo a rimpinguare le casse di tutti i produttori che oggi operano nel business dei televisori.

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