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Questo articolo è stato pubblicato il 04 maggio 2011 alle ore 09:17.

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Alleati con l'Ungheria per il nucleare di quarta generazioneAlleati con l'Ungheria per il nucleare di quarta generazione

Nucleare addio a tempi migliori. Fukushima spaventa, la politica si adegua. Ma «la ricerca non si ferma e tutto si giocherà sulle nuove garanzie di sicurezza», proclamava nei giorni scorsi il nostro premier Silvio Berlusconi. Detto e fatto. Confezionata con comprensibile riserbo, ecco infatti la sorpresa. Che si gioca in queste ore dietro il sipario del Consiglio europeo dell'energia in corso a Budapest. Lì, con un primo patto tecnologico con l'Ungheria, l'Italia sta tentando di guadagnarsi un posto in prima fila nella ricerca sul nucleare di quarta generazione. Quello teoricamente più sicuro e redditizio, perché dovrebbe riciclare le scorie in ulteriore carburante, disattivando automaticamente le reazioni nucleari in caso di guasto.

Più sicuri con il piombo
La meta tecnologica e commerciale? Reattori con raffreddamento al piombo da sviluppare partendo dalla tecnologia già adottata dai russi per i sottomarini atomici. La strada da battere: appunto un'alleanza scientifica ma anche operativa con l'Ungheria, Paese ponte tra la scienza europea e l'esperienza atomica dei paesi dell'Est. Per piazzare intanto un laboratorio avanzato nelle strutture della grande centrale nucleare di Paks, che con quattro reattori di tecnologia russa Vver per quasi 2mila megawatt complessivi produce più di un terzo dell'energia necessaria a tutta l'Ungheria, ma dovrà ora vedersela con gli stress test disposti dalla Ue.

Tecnologie made in Italy
Gli ungheresi devono rinnovare il loro atomo. Noi italiani vorremmo agganciarci al futuro, meno supini rispetto alla tecnologia dei francesi o degli americani. Ed ecco che con gli ungheresi si pensa perfino a una tappa operativa, da raggiungere nel prossimo quinquennio: una mini centrale atomica sperimentale, da loro. Piccola, ma neanche tanto. Cento megawatt, un decimo di un reattore di terza generazione come il francese Epr. Un prototipo di quarta generazione dove il made in Italy potrebbe giocare un ruolo chiave. Perché nella ricerca nucleare i brevetti, la stima internazionale e il buon nome non ci mancano, anche se ciò può sorprendere. Abbiamo le soluzioni ingegneristiche e progettuali partorite da Luciano Cinotti, ex capo della ricerca di Ansaldo Nucleare. Abbiamo gli studi e le sperimentazioni del centro Enea del Brasimone, ben nascosto tra gli Appennini emiliani sotto la direzione dello scienziato Pietro Agostini. E abbiamo le nostre istituzioni che, almeno in questa occasione, danno segnali vitali per la nostra claudicante politica energetica.

Il governo italiano al lavoro
Pilota politico dell'operazione è Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo economico su con delega per l'energia. A lui il compito di dare una forma operativa, oggi a Budapest, ai primi accordi intergovernativi imbastiti dal ministro Paolo Romani. Si parte allestendo un "campus" con il reciproco sigillo istituzionale. E via, già oggi, a un primo incontro-seminario tra i tecnici. «Dopo quanto accaduto a Fukushima il tema centrale rimane quello della garanzia assoluta sulla sicurezza degli impianti e la nuova filiera di reattori veloci al piombo presenta aspetti di indubbio interesse su questo fronte, e offre oltretutto all'Italia un'ottima carta da giocare per riguadagnare un ruolo leader nella ricerca di settore» rimarca Saglia.

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