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Questo articolo è stato pubblicato il 04 maggio 2011 alle ore 09:13.

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Un sottomarino, russo, ci salverà? Paradossi della storia e della tecnologia. Potrebbe davvero essere il raffreddamento a piombo liquido usato per proiettare a gran velocità e a lunghissime distanze i sommergibili con la stella rossa a tracciare il futuro delle centrali elettro-nucleari sicure, o almeno "più" sicure di quelle di oggi. Ce lo dice un luminare della scienza atomica, che qui da noi occupa un osservatorio privilegiato. Pietro Agostini, ingegnere nucleare, guida il centro di sperimentazioni e ricerche del Brasimone, che l'Enea ha piazzato in mezzo all'appennino emiliano.

Fukushima distribuisce terrore, dubbi, ripensamenti, interrogativi. Nucleare obbligatorio?
Sì. Inutile nasconderselo. Le riserve di petrolio sono destinate a finire. Il carbone può essere relativamente pulito quando lo usiamo nelle centrali, ma il suo procedimento di estrazione procura comunque notevoli danni all'ambiente e alle persone. E poi anche il carbone si esaurirà. Nel futuro il nucleare sarà irrinunciabile. Certo, è una fonte che deve essere studiata, approfondita, migliorata.

Fukushima cosa ci ha insegnato?
Ci ha dato delle risposte, alcune più approfondite, altre più semplici. Che del resto derivavano anche dall'episodio di Chernobyl. E cioè che questi incidenti sono causati da esplosioni di tipo chimico. Nel caso di Fukushima si presume che si sia trattato di idrogeno che si è formato dal contatto dell'acqua con materiali altamente riducenti ad alta temperatura, come accade quando si ha a che fare con le leghe di zirconio.

Mi sta dicendo che non è il nucleare di per sé a essere insicuro, ma semmai quello che ci sta intorno?
Diciamo che un impianto nucleare contiene degli elementi che sono effettivamente pericolosi, che noi dobbiamo individuare e iniziare per quanto possibile a escludere dalla struttura. Lo stesso disastro di Chernobyl è stato provocato dall'incendio della grafite, materiale altamente infiammabile che è stato portato in alto dalle correnti ascensionali trascinandosi i radionuclidi. Ecco perché dobbiamo riuscire a individuare quei vettori termici e quei materiali che ci tutelino da questi episodi.

Quanto ci manca? Dobbiamo aspettare la quarta generazione? Anni o decenni?
È un problema di filiera tecnologica. L'idea che si sta consolidando è quella di utilizzare i metalli liquidi pesanti usati come vettore di raffreddamento.

Sta parlando dell'evoluzione del raffreddamento al piombo, ad esempio?
Sì, anche. Tra i candidati dei reattori di quarta generazione ci sono il piombo ma anche il sodio, due metalli liquidi che hanno una temperatura di ebollizione molto elevata che consente di risolvere più facilmente i problemi legati all'eccessiva pressurizzazione.

Una tecnologia niente affatto nuova. La usavano e la usano tuttora i russi per i sottomarini nucleari.
Proprio così. I russi questa tecnologia la conoscono bene. Parliamo nello specifico del piombo e non del sodio, che con l'acqua si incendia. Ecco perché riteniamo preferibile come vettore termico il piombo al sodio.

Gli esperimenti che state facendo a Brasimone indicano che questa potrebbe essere una tecnologia evolutiva anche rispetto ai problemi di sicurezza?
Sì, ma non solo. Il reattore al piombo potrebbe effettivamente garantire una sicurezza più elevata rispetto ai reattori di terza generazione. Ma dal punto di vista della sostenibilità potrebbe offrire anche altri vantaggi. Nella migliore utilizzazione del combustibile primario, l'uranio, ad esempio. Consentendo di utilizzarlo con un'efficienza oltre 100 volte maggiore.

Grazie a cosa?
Gran parte dei prodotti di fissione di un reattore di terza generazione sono considerati scorie e quindi rifiuti radioattivi. Gran parte di questi rifiuti in un reattore di quarta generazione viene riutilizzata, bruciata come combustibile all'interno del reattore stesso. Ciò consente un'utilizzazione molto più efficiente del combustibile iniziale, dell'uranio. Riducendo notevolmente, oltretutto, il fardello di scorie radioattive che rimangono alla fine del processo.

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