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Questo articolo è stato pubblicato il 13 maggio 2011 alle ore 07:31.
L'ultima modifica è del 13 maggio 2011 alle ore 07:59.

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Se il virus genera un black-outSe il virus genera un black-out

Sono le 10,12. Un attacco informatico proveniente da un esercito di botnet – decine di migliaia di normali computer, ma infestati da un virus che li comanda a distanza – ha preso di mira il sistema di telecomunicazioni di numerosi Paesi europei. In Spagna, Grecia e Germania, l'accesso a Internet pare compromesso, mentre i collegamenti fra i Paesi cominciano a perdere colpi. Le cyber-squadre di sicurezza dei singoli Stati, i cosiddetti Cert (Computer emergency response team), cercano disperatamente di cooperare, nel tentativo di evitare un crollo dell'intera infrastruttura.

Si, va ammesso: questa non è realtà. È solo un'esercitazione. La prima mai effettuata nel Vecchio continente, orchestrata di recente dall'Enisa, l'agenzia europea per la sicurezza informatica, nata nel 2005 per volontà del Parlamento di Strasburgo. «È stato il primo passo per rafforzare le cyber-difese dell'Europa – dice Udo Helmbrecht, direttore esecutivo dell'Enisa, raggiunto per telefono sull'isola di Creta, in Grecia, dove ha sede l'agenzia – e l'obiettivo era prepararsi a proteggere le imprese e i cittadini da possibili attacchi online alle infrastrutture critiche».

Se in un Paese, come ipotizzato nell'esercitazione con 22 nazioni, l'internet smettesse di funzionare, i guai sarebbero consistenti: linee aeree e treni non potrebbero più fare i biglietti, milioni di email non partirebbero, l'amministrazione pubblica andrebbe in tilt: chi più ne ha, più ne metta. Ma il guaio è che le «infrastrutture critiche» vanno ben al di là dell'autostrada elettronica.

In questo mondo, dove la connessione a Internet è quasi un diritto fondamentale dell'uomo, oltre che l'ultima spaccatura fra il mondo ricco e quello povero, tutto ha un indirizzo Ip, l'internet protocol. Non solo le imprese di servizi, ma anche quelle manifatturiere. «Ormai tutto quanto ha un indirizzo Ip – ammette Helmbrecht – perfino i Bancomat. Ma anche qualsiasi settore industriale ha bisogno di mettere i processi in rete, per una questione di efficienza». Un cyber-attacco alla rete elettrica produrrebbe i problemi più gravi: senza corrente, si ferma ben più dell'internet. E il fatto incredibile è che un simile attacco non è affatto impossibile.

«Stuxnet ha cambiato d'un colpo lo scenario», sintetizza Ottavio Camponeschi, capo del Sud Europa per McAfee, il colosso della sicurezza digitale passato da poco nelle mani di Intel. «Prima c'erano i ragazzini che scrivevano i virus per compiacersene. Poi sono arrivati i criminali che ci hanno fatto i soldi. Oggi, c'è chi usa il malware per fini di spionaggio o di terrorismo». E chi si spinge più in là: «Stuxnet è la prova generale della cyber-guerra del futuro», sostiene Mikko Hypponen, capo della ricerca presso la finlandese F-Secure.

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