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Questo articolo è stato pubblicato il 21 novembre 2011 alle ore 16:01.

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Le notizie le pubblichiamo noi, non Twitter. Regole e nuovi dilemmi nell'era dell'informazione digitale (Corbis)Le notizie le pubblichiamo noi, non Twitter. Regole e nuovi dilemmi nell'era dell'informazione digitale (Corbis)

I giornalisti si stanno innamorando di Twitter. Il social network dell'essenziale - solo 140 caratteri e qualcosa da scrivere - ha dimostrato da tempo le sue potenzialità per dare e ricevere aggiornamenti in tempo reale, senza tutta la confusione e le complicazioni di Facebook. E così pochi giorni fa, durante le operazioni della polizia a Zuccotti Park, dove si raduna il movimento Occupy Wall Street, a New York, ai cronisti di AP è venuto spontaneo dare la notizia del fermo di alcuni colleghi su Twitter.

I vertici dell'agenzia di stampa non l'hanno presa bene: in una mail ai giornalisti hanno sostanzialmente detto che le notizie vanno diffuse prima sui canali della testata, non sui social network. Ne è nato un dibattito sulle regole dell'informazione tradizionale e l'agilità dei nuovi media. Anthony de Rosa, social media editor di Reuters, ha twittato: «Le agenzie di stampa devono evolversi, altrimenti rischiano l'estinzione». Altri hanno fatto notare che il notiziario, ormai, è Twitter. Associated Press, in una nota successiva, ha spiegato che l'intervento era dovuto soprattutto alla tutela della loro sicurezza.

Le nuove linee guida di AP, sul tema, non lasciano però dubbi. Le indicazioni sono molto articolate. I giornalisti del gruppo sono «incoraggiati» ad avere un profilo per ogni sito sociale, per un utilizzo contemporaneamente personale e professionale. Se l'account viene usato in questi termini, bisogna identificarsi come giornalisti di AP. Meglio non mettere la testata nel nome dell'account, ma nella descrizione del profilo. Da evitare post che esprimano personali opinioni politiche. Non solo: attenzione - nel caso, per esempio, di Facebook - che sulla bacheca non vengano pubblicati da altre persone contenuti in contraddizione con la policy dell'editore.

La tutela della credibilità della testata ha una serie di conseguenze. Il giornalista non deve esprimere la propria opinione nei forum pubblici; non fare "Like", su Facebook, o "Follow", su Twitter, a candidati o movimenti politici. Se proprio è necessario per rimanere aggiornati, bisogna però essere molto accorti nelle discussioni e interazioni pubbliche sulla bacheca.

La vera novità delle ultime indicazioni di AP, rispetto a quelle dei vari network internazionali, riguardano la funzione "retweet", che permette di pubblicare sulla propria pagina di Twitter il post di un altro profilo. Bisogna evitare il retweet integrale del testo, «perchè potrebbe essere interpretato come un segno di approvazione». Meglio fare la citazione aggiungendo un testo davanti, in modo che sia chiaro che si sta semplicemente riportando una citazione.

Lo staff di AP è «incoraggiato a linkare i contenuti di AP in ogni forma, lo stesso vale per i contenuti di altri editori, a meno che il materiale riprenda rumors o informazioni non confermate non adatte per i servizi news di AP». Poi: non diffondere notizie che non sono ancora state pubblicate dalla testata. Il materiale può essere messo online prima che sull'agenzia solo se ha il giusto standard di qualità e correttezza ma per una serie di motivi non è stato pubblicato. Quanto alle fonti che si incontrano online, valgono le regole giornalistiche di base. Con una differenza: attenzione ai falsi profili. Bisogna sempre assicurarsi che si tratti di un account verificato, contattando direttamente la fonte, l'azienda o l'organizzazione per cui lavora.

La Bbc dice invece ai suoi giornalisti che anche sul profilo privato, vista la dimensione pubblica del loro lavoro, devono avere una serie di accortezze così riassunte: «Don't do anything stupid», non fate niente di stupido. Sintesi efficace.

twitter.com/lucasalvioli

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