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Questo articolo è stato pubblicato il 30 gennaio 2012 alle ore 14:37.

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La prima cura disponibile per l'Alzheimer, la causa più diffusa di demenza senile, potrebbe essere un vaccino, un farmaco capace di impedire la formazione nel cervello delle placche che caratterizzano questa malattia. E il rimedio che tanti malati sognano e tanti scienziati cercano potrebbe arrivare dai laboratori italiani del Cnr.

L'Istituto di genetica e biofisica (Igb-Cnr) e l'Istituto di biochimica delle proteine (Ibp-Cnr) del Centro Nazionale delle Ricerche hanno messo a punto insieme una nuova molecola, battezzata (1-11)E2, per la quale hanno già ottenuto il brevetto italiano e chiesto il brevetto internazionale, a dimostrazione di quanto la loro scoperta sia già in una fase avanzata.

L'Alzheimer colpisce oggi nel mondo circa 30 milioni di persone e una persona su venti dopo i 65 anni ne soffre. E siccome è una malattia neurodegenerativa legata al progredire dell'età, è chiaro che l'allungamento della vita media la sta trasformando in una vera e propria epidemia che preoccupa molti, anche per i suoi costi sociali. Gli effetti sono ben noti: perdita di memoria, movimenti incontrollati, difficoltà a svolgere qualunque compito.

La causa di questo morbo scoperto poco più di un secolo fa dal medico tedesco Alois Alzheimer è l'accumulo nel cervello di una proteina (o per essere più precisi un peptite, cioè una proteina estremamente semplice, chiamata beta-amiloide), che finisce per creare delle vere e proprie placche che impediscono ai neuroni di funzionare normalmente, fino a spegnerli. Le strade per battere il male possono dunque essere soprattutto due: impedire la produzione della proteina o riuscire a eliminarla in modo efficace.

Ed è proprio questa seconda via quella battuta dal nuovo vaccino italiano. «Il vaccino che abbiamo prodotto induce rapidamente una forte risposta degli anticorpi contro il peptide beta-amiloide e polarizza la risposta immunitaria verso la produzione di una citochina anti-infiammatoria, l'interleuchina-4, confermando le proprietà immunologiche che speravamo di ottenere», racconta Antonella Prisco, ricercatrice dell'Igb-Cnr che coordina la ricerca. «Il vaccino induce la produzione di anticorpi, questi ultimi si legano al peptide che causa la malattia, favorendone così l'eliminazione», aggiunge Piergiuseppe De Berardinis dell'Ibp-Cnr. Ma per rendere il farmaco ancora più efficace, bisogna riuscire a fare in modo che vada proprio dove ce n'è bisogno. È per questo, racconta ancora De Bernardinis, che adesso i due gruppi di ricerca stanno lavorando sui "carrier", «ossia le molecole o i micro-organismi che sono utili a convogliare la risposta immunitaria sui bersagli desiderati».

La creazione della molecola è avvenuta seguendo proprio la strada classica per la produzione dei vaccini: il primo passo è stato prendere un frammento della proteina beta-amiloide, che è stata abbinata poi a una proteina di origine batterica. In questo modo è stata ottenuta una sostanza che è capace di completare da sola il lavoro, trasformandosi in una struttura simile a quella di un virus, che può quindi penetrare più facilmente nel nostro organismo.

Gli scienziati italiani non sono gli unici che inseguono il traguardo di un farmaco contro l'Alzheimer, contro cui oggi non esiste alcuna cura efficace. Anzi, racconta Antonella Prisco, è da dieci anni che ci sono ricerche su vaccini, «che hanno acceso grandi speranze, ma rivelato anche grandi limiti, per i possibili effetti collaterali gravi, che ne impediscono l'utilizzo». È per questo che, mentre la ricerca dei team italiani è stata pubblicata dalla rivista specializzata Immunology and Cell Biology, è partita anche la fase pre-clinica della sperimentazione del vaccino, quella che attraverso l'uso della sostanza su cavie sane punta a verificare se esistano effetti collaterali della nuova molecola. Solo se i risultati saranno positivi si proverà a dare la sostanza anche a topolini con una patologia che mima quella dell'Alzheimer nell'uomo, per verificare l'efficacia come cura. E soltanto dopo questi test potrà essere avviata una vera sperimentazione anche sull'uomo.

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