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Questo articolo è stato pubblicato il 22 marzo 2012 alle ore 13:59.

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È il secondo picco di incursioni elettroniche registrato negli ultimi otto anni: nel mondo sono 174 milioni i dati trafugati durante l'anno scorso dalle organizzazioni analizzate nello studio di Verizon, un operatore di telefonia mobile negli Stati Uniti. Sotto la lente d'ingrandimento sono finite 855 falle nella sicurezza.

Circa il 60% è sottratto ad opera dei pirati informatici: hanno superato la criminalità organizzata per volume dei danni. In particolare, dai talenti del software impegnati nell'attivismo digitale, o "hacktivist", proviene il 2% delle offensive. Sebbene sia una quota ridotta, comprende incursioni contro le aziende che hanno portato a sottrarre circa cento milioni di informazioni, anche per motivi non legati al profitto. Un quarto degli attacchi ha come sortente le attività del gruppo di Anonymous. Lo studio evidenzia che il metodo principale utilizzato dai pirati elettronici per superare le barriere difensive è di appropriarsi delle password di accesso agli archivi: vengono rubate ai possessori o scoperte attraverso software progettati per trovarle dopo ripetuti tentativi. L'83% degli attacchi, invece, è lanciato dalla criminalità organizzata su internet.

A motivare chi colpisce in nove casi su dieci sono soprattutto gli scopi economici, rileva la ricerca coordinata da Verizon. Ma nel 25% delle occasioni intervengono anche forme di protesta, come accade per gli "hacktivist". Nel mirino sono soprattutto i settori della finanza e le assicurazioni: subiscono il 28% delle offensive elettroniche. Sul secondo gradino l'informatica e la rete del retail con il 12%, seguita dall'8% di aziende manifatturiere. Eppure la ricerca sottolinea che il 97% dei danni sarebbe evitabile senza contromisure dispendiose. Cambiano anche i confini geografici delle minacce su internet: le nazioni di origine delle azioni dei pirati informatici aumentano da 22 a 36.

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