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Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2012 alle ore 12:57.

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Che una società brasiliana come Graalbio usi una tecnologia italiana per il ministro dell'Ambiente Corrado Clini è inevitabile perché "insieme agli Stati Uniti – spiega – siamo il paese che ha ottenuto i risultati più avanzati nella ricerca su queste tecnologie. Il Brasile ha una lunga esperienza nella produzione di bioetanolo di prima generazione, anche grazie alla grande disponibilità di canna da zucchero, ma è rimasto indietro sulla ricerca".
Le montagne di bagasso che giacciono coperte da enormi teli in un campo ai margini dell'impianto di Caeté, dal 2013 (data prevista per l'avvio dell'attività) saranno quindi trasformate in una quota importante della miscela della benzina dei brasiliani che hanno un parco macchine già flexfuel, quindi con serbatoi in grado di usare miscele con grandi quantità di bioetanolo. Ma anche degli americani che preferiscono sempre più la miscela col bioetanolo.

L'attenzione all'ambiente in questa storia ha lo stesso - o forse un po' meno importante - ruolo dei costi che nel caso del bioetanolo sono molto più bassi, pur avendo una resa che è pari al 75% della benzina. E per i brasiliani che al distributore sono abituati a pagare la benzina premium sempre sotto i 2,5 reais, intorno cioè a un euro, e con l'auto percorrono grandi distanze la questione è di quelle di primo piano. In questo paese gli automobilisti a seconda delle quotazioni giornaliere della benzina e del bioetanolo, quando vanno a fare il pieno decidono le quote dell'una e dell'altro nella miscela. Anche per questo Graalbio comincerà costruendo qui questo primo impianto con un investimento di 150 milioni di euro. E ne ha già in programma altri 5 per i quali Gradin ha indicato "un budget di 500 milioni di euro".

Per l'Italia la questione diverrà di primo piano di anno in anno sempre di più, fino al 2020, l'anno in cui la Ue ha indicato che la quota di biocarburanti dovrà essere del 10%. Partendo da una produzione nazionale dell'1% e da una quota di consumo inferiore al 4%, si capisce che la strada che il nostro paese dovrà percorrere è lunga. Dalla sua però ha l'impegno del ministro dell'Ambiente, Corrado Clini e l'innovazione tecnologica. È infatti in Italia, a Crescentino, vicino a Vercelli, l'impianto di Mossi&Ghisolfi che per primo al mondo produrrà bioetanolo di seconda generazione, già a fine 2012. La chimica del futuro, o per dirla con il ministro Clini, la chimica che ha un futuro, è su questo made in Italy fatto di ricerca e grande innovazione che deve virare senza dubbi. Per di più in Italia dopo le raccolte, una volta lasciato abbastanza sul terreno agricolo per fertilizzarlo "sono disponibili 18 milioni di tonnellate di residuo agricolo tra cui paglia, paglia di riso, stocco di mais e sottobosco. Con 5 tonnellate di queste masse si fa una tonnellata di bioetanolo di seconda generazione", spiega Ghisolfi. In altre parole con i soli residui agricoli si riuscirebbero a produrre 3,6 tonnellate di questo nuovo bioetanolo, senza toccare un ettaro di seminativo. Per non parlare dei 200mila ettari che ogni anni vengono abbandonati dall'agricoltura. Una prateria per le coltivazioni destinabili alla seconda generazione di bioetanolo.

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