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Questo articolo è stato pubblicato il 06 dicembre 2012 alle ore 14:50.

"Se un mio parente" spiega Fabio Giordani, tecnico di sicurezza informatica "condivide la foto di mia figlia di 4 anni al mare in costume, non si puo' escludere che questa finisca potenzialmente nelle mani di un pedofilo. Non sapremo mai infatti che cosa ne fara' di quella foto condivisa l'amico dell'amico" commenta Giordani.
Se metti nel tuo profilo una foto che hai condiviso con qualcuno e il tuo profilo e' molto piu' "aperto", puo' darsi che utenti non autorizzati a vedere la foto sul profilo "chiuso" di chi l'ha pubblicata, riescano comunque a visualizzarla e a impossessarsene tramite il tuo profilo.
Web, social network e applicazioni. Quest'ultime probabilmente sono la minaccia più' grande alla tutela della privacy. Chi sviluppa le applicazioni per Facebook, infatti, non e' detto che risieda negli Stati Uniti, puo' programmare da qualunque parte nel mondo. "Se io costruisco un'applicazione tipo Farmville" spiega Fabio Giordani "e la costruisco in un Paese dove non esistono leggi sulla privacy, come in alcuni Paesi dell'est Europeo non appartenenti all'UE, l'utente che accetta i termini dell'applicazione subisce la normativa legale del luogo in cui si trova il server dell'applicazione".

Basta un semplice e veloce click su "accetto" e parte l'autorizzazione. Difficilmente in tal caso andiamo a vedere che tipo di informazioni personali l'applicazione assimila per poter funzionare.
Volendo, chiunque puo' comprarsi uno spazio internet in Kazakistan con 200 dollari, ad esempio, e da li' far partire un attacco, conservare e utilizzare informazioni di utenti senza essere controllato da nessuno.
La preoccupazione per la tutela dei dati personali sembra un ritornello di sottofondo, ricordato giustamente dalle istituzioni ma poco dagli utenti che nella loro dipendenza da tutto quello che e' "social", specialmente i piu' giovani, dimenticano il pericolo incombente. Poi arriva il suggerimento dell'amico di tutelarsi "copiando e incollando" sul proprio account di Facebook una dichiarazione sulla privacy fasulla che riprende una normativa americana che non ha alcun valore legale in Italia, come quella piu' recente che diceva cosi': "By the present communiqué, I notify Facebook that it is strictly forbidden to disclose, copy, distribute, disseminate, or take any other action against me on the basis of this profile and/or its contents. The aforementioned prohibited actions also apply to employees, students, agents and/or any staff under Facebook's direction or control. The content of this profile is private and confidential information. The violation of my privacy is punished by law (UCC 1 1-308-308 1-103 and the Rome Statute)".

"Questa operazione di copia e incolla di una dichiarazione di privacy non comporta alcun fattore di pericolo per il pc ma mette l'utilizzatore inesperto in uno stato di "tranquillità informatica" dovuta al fatto che l'utente e' convinto che la semplice pubblicazione sul suo profilo della suddetta bufala vieta la condivisione di informazioni personali" spiega Fabio Giordani. "Effettivamente possiamo parlare di un inizio di social engineering in quanto la "tranquillità informatica" fà abbassare la guardia e quindi un malintenzionato avrebbe vita più facile nel reperire informazioni". Appurato il fatto che Facebook e il web in generale siano uno strumento utile in mano nostra, dove decidiamo noi che tipo di informazioni pubblicare e utilizzare, resta la consapevolezza di trovarsi in un vero e proprio farwest dove a rischio sono soprattutto i minori.
"Nel caso dei minorenni, la problematica rimane di competenza dell'esercente la patria potestà" puntualizza Claudio Santarelli, avvocato penalista di Milano. "Colui che esercita la potestà sul figlio e/o sul minore, può pubblicare e dare le immagini a suo rischio e pericolo.
Il minore potrà esercitare una volta che sia maggiorenne - le azioni che ritiene, se danneggiato, come in qualsiasi altro evento".

Un'altra questione riguarda gli effetti e i danni causati a lungo termine dalla pubblicazione sul web di foto e informazioni personali, soprattutto nel caso non vi sia stata l'autorizzazione da parte dell'utente. "Le conseguenze negative di questa operazione" spiega Oreste Pollicino, professore di diritto dell'informazione e della comunicazione presso l'Universita' Bocconi ed ideatore del blog www.medialaws.eu, "possono comportare il danneggiamento della reputazione di una persona, il crearle serie difficolta' nell' inserimento nel mercato del lavoro ed ancor di più nel mantenimento di una posizione lavorativa già ottenuta, per non parlare di possibili pressioni psicologiche di natura ricattatoria".
Non resta che appellarsi alle regole dettate dal buon senso, a cui Facebook fa tanto riferimento nella sua homepage quando impartisce consigli ai teenager su come utilizzare il social network. Con un po' piu' di scaltrezza pero'.

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