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Questo articolo è stato pubblicato il 06 febbraio 2013 alle ore 10:57.

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Reed Hastings, 52 anni, fondatore di Netflix. (Reuters)Reed Hastings, 52 anni, fondatore di Netflix. (Reuters)

«Ha un quoziente intellettivo pari a zero ma è l'amministratore delegato più brillante che abbia mai incontrato». Gina Keating, autrice di Netflixed: the Epic Battle for America's Eyeballs, racconta così il protagonista del suo libro, un imprenditore di successo e filantropo, ruolo amato dai media americani a corto di immaginario dopo la morte di Steve Jobs e la sovraesposizione di Mark Zuckerberg. Lui è Reed Hastings, 52 anni, fondatore di Netflix, NFLX al Nasdaq di New York, «la compagnia più interessante degli ultimi dieci anni», il contendente che con meno rumore ma più decisione si è inserito nella guerra a strategie variabili fra i colossi hi-tech: Google, Apple, Facebook, Microsoft, Amazon. C'è lui dietro l'evento tv-online più atteso di inizio 2013: la prima gratis e in streaming di The House of Cards, remake di una serie della Bbc, 23 puntate da 100 milioni di dollari pensate per un canale web; Kevin Spacey nei panni di Frank Underwood, parlamentare a Washington, che esclama «Il potere è come il mercato immobiliare: location, location, location».

Dietro un investimento simile, l'ambizione di diventare la HBO online, canale su cui affittare e rivedere vecchi film ma soprattutto nuove serie tv, vero business dell'intrattenimento americano. Motivo per cui s'è scritto che il 1° febbraio, davanti a Mac e pc, c'erano due spettatori d'eccezione: Hollywood e Wall Street. E ovviamente tutta Silicon Valley, che sapeva già di dover prendere le misure alla creatura nata, racconta la leggenda, quella sera del 1997 in cui Hastings ebbe voglia di rivedere Apollo 13 ma dovette pagare 40 dollari per averlo restituito in ritardo.

Non importa che lo stesso Hastings dica che non sia andata proprio così e che il suo socio, Marc Randolph, affermi che tale versione «è una gran caz...ata». L'America ha sempre avuto bisogno di questi aneddoti, narrativa resa ancor più necessaria dalla crisi e dalla ricerca di nuove idee per fare soldi e tenere vivo il sogno. Netflix lo è, dicono in molti. Una gallina dai click d'oro che a breve potrebbe sbarcare in Italia, miglior interprete della "terza onda" in corso: il video online non è più solo il filmato breve del dilettante, in rete stanno traslocando format televisivi che offrono contenuti di qualità; nel terzo trimestre del 2012 gli americani hanno visto tv online sette ore al mese, stima Nielsen, percentuale ancora lontana dalle 148 ore mensili davanti alla tv tradizionale ma che costituisce il 37% in più rispetto al 2011.

Netflix è protagonista di un mercato ovvio, a pensarci dieci anni dopo - i due mezzi di massa di questo inizio secolo che si fondono e diventano una cosa sola - perché ha investito 4,8 miliardi in contenuti streaming, negli Stati Uniti ha 27 milioni di utenti, è presente in Regno Unito, Irlanda e quattro Paesi del Nord Europa. L'operazione House of Cards risponde a questa logica e anticipa i concorrenti in grande stile: attrarre nuovi abbonati con un'abbuffata di episodi e fidelizzarli. Ma soprattutto convincere gli investitori, finora restii ad anticipare soldi per contenuti di bassa qualità che praticamente tutti producono su internet. E non deve sorprendere che la prima vita di Netflix sia stata la pornografia soft-core, mercato abbandonato quando Hustings entra nel California board Education.

C'è chi predice che presto la tv si adatterà al modello Netflix, far vedere agli utenti quello che vogliono e quando vogliono: «Presto o tardi tutta la tv sarà come noi» assicura Ted Sarandos, chief content officer dell'azienda. Chi scrive questo articolo ha sperimentato Netflix un anno fa negli Stati Uniti, quando ancora era un fenomeno del web usato da quella parte di popolazione consapevole della Rete e di quello che può offrire. I primi trenta giorni sono gratis, poi si paga un fisso mensile accessibile (10-20 dollari), velocità e qualità dell'immagine altissima, nessuna perdita di tempo ed energie a scaricare più o meno lecitamente da siti che aprono e chiudono. Una soluzione ideale per i pigri, tutelati da un customer care discretamente onesto: tre mesi dopo che continuavo a pagare a mia insaputa per un servizio non ancora disponibile in Italia, Netflix mi ha chiesto se volevo continuare a farmi prelevare quel mensile dalla carta di credito.

Davanti a tale attivismo gli altri sono costretti a rincorrere: Amazon ha commissionato sei pilot tv e ha in mente di produrre film; si fa notare Hulu, altro sito di video online che produce programmi come Battleground. Youtube, di proprietà di Google, lancia canali che poi lascia gestire ad aziende e gente dello spettacolo. Attivismo a cui corrisponde un andamento dell'azione altalenante - a ottobre 2012 Netflix valeva un quarto del picco di 305 dollari registrato 15 mesi prima, a dicembre scorso ha chiuso a 89 dollari ma a fine gennaio, alla vigilia del lancio di House of Cards, è aumentato in un solo giorno del 33 per cento. Motivo? Sempre l'indecisione degli investitori. Logico dunque che la parabola di Hastings sia bollata come «controversa», a maggior ragione perché, nota un forse non disinteressato dispaccio di CNBC, Netflix non diffonde i dati delle visite nel weekend dopo il debutto di The House of Cards e la società indipendente Sandvine certifica che non v'è stata alcuna impennata del numero di utenti.

Al netto di queste cronache penalizzanti però, Netflix è fra le cinque società tecnologiche le cui azioni andranno meglio quest'anno, stima un report di Investors.com: le altre sono Aspen Technology, LinkedIn, Facebook, Regeneron Pharmaceutical, ValueClick. E Hastings, nato a Boston, studi a Cambridge, un passato di venditore porta-a-porta, un passaggio in Marina, poi i board di Microsoft, Facebook e organizzazioni non-profit, un bisnonno fondatore di un laboratorio di fisica dove sono stati studiati radar e bomba atomica, è un guru per gli altri imprenditori, cosa che ha in comune con Jobs oltre, dice la Keating, «l'assoluta mancanza di intelligenza delle emozioni», carenza che però compensa con altre qualità. Il vademecum Hastings su come gestire l'azienda pubblicata sul sito è stata infatti definita da Sheryl Sandberg, braccio destro di Zuckerberg e mente finanziaria di Facebook, «il documento più importante prodotto dalla Silicon Valley».

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