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Questo articolo è stato pubblicato il 12 febbraio 2013 alle ore 07:32.

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Se ne parlava da giorni e oggi è ufficiale: Spotify, il re della musica streaming online, è arrivato in Italia. Venti milioni di canzoni disponibili, nuovi brani per l'Italia a partire dalle canzoni che da questa sera debutteranno sul palco di Sanremo. Musica da ascoltare su pc, oppure, a seconda del tipo di abbonamento, su smartphone e tablet, per poi essere condivisa, insieme alle playlist, sui social network.

Con l'Italia Spotify passa da 17 a 20 Paesi, si aggiungono anche Polonia e Portogallo. Perché ora? «Il mercato è pronto, abbiamo chiuso gli accordi con le case discografiche e le etichette indipendenti» risponde da Sanremo Veronica Diquattro, responsabile di Spotify per l'Italia, classe 1984, ex Google, per cui da Dublino ha curato il lancio di Android Market e poi il rebranding Google Play in Italia. Coetanea del cofondatore Daniel Ek, che da Stoccolma insieme a Martin Lorentzon lanciò il servizio nel 2008. Spotify ha gli uffici a Milano e, per ora, tre dipendenti.

A dieci anni da iTunes, che ha rivoluzionato il mercato della musica con l'offerta di download legale di brani digitali, ora è il momento dello streaming. In Italia, secondo i dati di Fimi, la federazione industria musicale italiana, questa modalità di fruizione della musica nel 2012 è cresciuta del 77%, mentre il download del 25%. Merito in particolare di YouTube, ma in Italia è attivo anche Deezer mentre non è disponibile Pandora, molto popolare negli Stati Uniti.

Gli utenti possono scegliere tra tre diversi profili. Il primo è gratis: la musica si ascolta con una media di tre spot all'ora, tra una canzone e l'altra. Il secondo si chiama «unlimited» e per 4,99 euro al mese non ha limiti e interruzioni pubblicitarie. Infine «premium», che permette di ascoltare le canzoni su diversi dispositivi, anche offline (in questo caso non si tratta comunque di download, i brani arrivano dalla cache dell'applicazione) per 9,99 euro.

Come vengono spartiti i ricavi con le major? «Il 70% delle nostre entrate totali va alle etichette discografiche - continua Veronica Diquattro - fino a oggi Spotify ha garantito loro 500 milioni di dollari, in quattro anni. La nostra previsione è che a fine 2013 la cifra raddoppierà». Nei Paesi dove il servizio è attivo da tempo alcuni artisti hanno lamentato di essere remunerati troppo poco, mentre le etichette indipendenti hanno detto che Spotify garantisce accordi più convenienti alle major. «Gli accordi specifici dipendono di volta in volta dall'etichetta e dal Paese» conclude la manager. In Italia Spotify ha siglato accordi con le quattro principali etichette discografiche, con Merlin e altre indipendenti tra cui Made in Etaly, Sugar e Pirames International.

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