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Questo articolo è stato pubblicato il 20 marzo 2013 alle ore 12:51.

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Efficienza energetica obiettivo prioritario, promette ufficialmente l'Unione Europea. Tanto da farne il cardine delle nuove politiche energetiche. Con una stima perfino mirabolante dei benefici che se ne potrebbero ricavare: tra i 100 e i 200 miliardi di euro l'anno per il complesso dei paesi membri. Con qualche rimbrotto riservato, un po' sorpresa ma con dettagliate motivazioni, proprio al nostro paese, che sbandiera l'efficienza come elemento fondante anche nella neonata strategia energetica nazionale ma che mette in luce «un piano d'azione carente, specie nel settore dei trasporti». Il rimprovero all'Italia arriva dallo studio "Energy Efficiency Watch" commissionato da Bruxelles al tedesco Wuppertal Institute Ecofys, che ha coinvolto 61 esperti di settore anche nel nostro paese mettendo a confronto i piani di azione di 27 Stati membri in vista del recepimento obbligato, entro giugno 2014, della nuova direttiva sull'efficienza energetica.
I piani che mancano
Nel mirino, da noi, è caduto soprattutto il settore dei trasporti. Dove «molte politiche sono allo stadio di progettazione ma il piano d'azione nazionale sull'efficienza energetica non spiega come e quando saranno realizzate» si legge nelle conclusioni dello studio Ue. Che per la verità non risparmia critiche a tutto campo, osservando che sebbene alcune industrie si siano date degli obiettivi di taglio dei consumi energetici volontari all'atto pratico «non esiste alcun obbligo di risparmio di energia» sufficientemente codificato e quindi vincolante. Peggio ancora nel settore pubblico, dove 2mila comuni hanno aderito al patto dei sindaci sul risparmio energetico, ma «poche amministrazioni hanno nel frattempo elaborato almeno una bozza di piano d'azione» per rendere credibili gli obiettivi.
Le carenze più eclatanti riguardano appunto il settore dei trasporti. Negli scorsi anni erano state messe in campo alcune idee che avevano trovato la condivisione degli esperti dell'unione europea, nella conclamata convinzione che un paese che movimenta ancora oggi i suoi beni per oltre l'80% su gomma, con il conseguente impatto sia sui costi sia sull'inquinamento indotto, deve trovare rapidamente una correzione di rotta. Ottime idee quelle, ad esempio, del cabotaggio con le cosiddette "autostrade del mare", anche se la carta migliore da giocare, secondo gli esperti della Ue, doveva e deve essere il ricorso alternativo al trasporto su rotaia, con l'allestimento di un nuovo sistema integrato di strutture intermodali per riservare al trasporto su gomma solo l' "ultimo miglio".
Ritorno assicurato
Niente da fare. Nessuna indicazione operativa. Neanche nell'ultima definitiva versione della Strategia energetica nazionale messa in campo dal governo uscente.
Lo studio suggerisce intanto alcuni atti prioritari: definire per ciascun settore una strategia a lungo termine (2050), rafforzare gli incentivi finanziari già in vigore per sostenere l'acquisto di apparecchiature efficienti e dedicare prioritariamente al settore dei trasporti un nuovo mix di incentivi e obblighi.
Nel frattempo ci penseranno le direttive europee a introdurre precisi vincoli. Ad esempio nell'edilizia. Con la direttiva appena approvata dal Parlamento europeo entro 2050 i nuovi edifici e quelli ristrutturati radicalmente dovranno assicurare consumi energetici inferiori addirittura dell'80% rispetto ai livelli del 2010. Va ricordato che gli edifici sono responsabili del 40% del consumo energetico complessivo ma proprio qui le tecnologie offrono le opportunità più eclatanti per l'incremento dell'efficienza e quindi dei risparmi, con interventi (innanzitutto nell'illuminazione e nell'impiego delle pompe di calore per la climatizzazione) che possono garantire un integrale recupero degli investimenti in meno di 10 anni.
Bollette scontate
Davvero rilevanti i benefici, si insiste in uno studio parallelo Ecofys-Amici della Terra dal titolo "Saving Energy: bringing down Europe's Energy prices for 2020 and beyond". Rispetto alle stime di circa 100 miliardi di euro l'anno formulate nell'ultimo biennio dalla Ue lo studio Ecofys azzarda addirittura un raddoppio: 200 miliardi. Che potrebbero derivare dall'effetto combinato del calo dei prezzi delle materie prime indotto dal minore fabbisogno anche se dovesse riprendere il ciclo economico e quindi l'attività produttiva, e dalla maggior economicità della produzione elettrica che si rifletterebbe sulle bollette finali. Cosa che beneficerebbe soprattutto paesi come l'Italia che hanno proprio nella super-dipendenza dall'import energetico uno dei maggiori vincoli strutturali.

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